“La presenza fisica dell’insegnante crea una dinamica relazionale che l’IA non può replicare, una dinamica che approfondisce l’impegno e alimenta lo sviluppo integrale dello studente”. Ne è convinta la Santa Sede, che nella Nota sull’intelligenza artificiale, sulla scorta di Papa Francesco, esorta ad armonizzare nell’educazione il linguaggio della testa, il linguaggio del cuore e il linguaggio delle mani, essenziali “in un’epoca segnata dalla tecnologia, in cui non si tratta più soltanto di usare strumenti di comunicazione, ma di vivere in una cultura ampiamente digitalizzata che ha impatti profondissimi sulla nozione di tempo e di spazio, sulla percezione di sé, degli altri e del mondo, sul modo di comunicare, di apprendere, di informarsi, di entrare in relazione con gli altri”. Il pericolo, invece, in campo educativo è quello di “un’accresciuta dipendenza degli studenti dalla tecnologia, intaccando la loro capacità di svolgere alcune attività in modo autonomo e un peggioramento della dipendenza dagli schermi”. “Molti programmi si limitano a fornire risposte invece di spingere gli studenti a reperirle da sé, oppure a scrivere essi stessi dei testi”, il grido d’allarme del testo: “Invece di allenare i giovani ad accumulare informazioni e a fornire veloci risposte, l’educazione all’uso di forme di intelligenza artificiale dovrebbe mirare soprattutto a promuovere il pensiero critico”. Inoltre, “gli attuali programmi di IA possono fornire informazioni distorte o artefatte, inducendo gli studenti ad affidarsi a contenuti inesatti”, minando così il processo educativo.