Duplice tempesta diplomatica tra Italia e Venezuela. Proprio mentre esplode il caso del cooperante veneziano Alberto Trentini, in arresto da due mesi senza alcuna accusa formale di reato e senza avere sue notizie, Caracas alza il livello della tensione con il Governo italiano e riduce a tre effettivi il personale autorizzato a stare all’ambasciata italiana, limitandone pure la possibilità di movimento.
“Sul caso del cooperante Alberto Trentini, dell’ong Humanity e Inclusion, desaparecido da due mesi, si è mossa anche la Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh), che ha emesso una risoluzione urgente chiedendo al Venezuela di fornire informazioni immediate sulle condizioni di detenzione di Trentini – spiega al Sir Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani -. La Commissione ha richiesto che vengano garantiti i contatti regolari con familiari, avvocati e rappresentanti diplomatici italiani, oltre a una valutazione medica immediata e l’accesso alle cure necessarie”. Dal 15 novembre, giorno dell’arresto di Trentini dopo un fermo a un posto di blocco, non si hanno più notizie di lui, neppure l’ambasciatore è riuscito a visitarlo. La famiglia ieri si è appellata al Governo, di fatto mettendo il caso sotto i riflettori della stampa. Un altro episodio del non facile rapporto tra Italia e Venezuela risale al 6 gennaio, prosegue Morsolin, “quando l’uomo forte del regime di Maduro, Diosdado Cabello, ministro dell’Interno e della Giustizia, ha annunciato l’arresto per cinque ore di un italiano, definendolo un ‘mercenario’, entrato in Venezuela via terra dalla Colombia”. Negli ultimi giorni non sono mancate forti critiche del Governo italiano e della stessa presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ma anche da esponenti di maggioranza, alle autorità venezuelane, in occasione del discusso insediamento del presidente, Nicolas Maduro. Il Governo italiano, come molti Paesi e organismi internazionali, non riconosce la vittoria e il successivo insediamento di Maduro, accreditando come presidente legittimo Edmundo González Urrutia, che ha rivendicato la vittoria elettorale. Un passo, quest’ultimo, compiuto anche da altre Nazioni, come Francia e Stati Uniti, ma non formalmente dall’Unione europea, nonostante un voto, in questo senso, del Parlamento europeo.
Alla luce di questi fatti, è arrivata ieri la “ritorsione” diplomatica del Venezuela. Il ministro degli Esteri, Yván Gil, in una dichiarazione sul suo account Telegram, ha scritto: “Ho comunicato, a nome del Governo bolivariano, la decisione sovrana di limitare a tre il numero di diplomatici accreditati in ogni ambasciata, una misura che deve essere rispettata entro 48 ore”. I diplomatici devono anche “avere un’autorizzazione scritta del nostro ministero degli Esteri per viaggiare a più di 40 chilometri da plaza Bolívar a Caracas, garantendo il rigoroso adempimento delle loro funzioni”.
Ha concluso il ministro: “Il Venezuela esige il rispetto della sovranità e dell’autodeterminazione, principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite, soprattutto da coloro che sono subordinati alle direttive di Washington”. Un simile provvedimento è stato preso nei confronti di Francia e Paesi Bassi. Conclude Morsolin: “Occorre distinguere tra la critica rispetto a violazioni di diritti umani e libertà democratiche e attacchi frontali in una logica di scontro, estranei al linguaggio diplomatico, come quelli giunti da qualche esponente dell’attuale maggioranza in Italia, dovendo considerare che in Venezuela ci sono migliaia di cittadini con passaporto italiano, oltre alla complessa detenzione di Trentini”.