Bielorussia: rapporto Viasna su repressione e stato di terrore. Chiunque è sospettato di slealtà verso le autorità può essere preso di mira

Repressione e stato di terrore continuano a caratterizzare la politica interna in Bielorussia del regime totalitario di Lukashenko. Chiunque sia sospettato di slealtà verso le autorità può essere preso di mira. E’ quanto emerge dal Report di dicembre 2024 che l’organizzazione per i diritti umani Viasna pubblica ogni mese. A fine dicembre 2024, la Bielorussia contava 1.265 prigionieri politici, tra cui 168 donne. Dall’estate del 2020, 3.697 individui sono stati identificati come prigionieri politici, 680 dei quali sono donne. Viasna riporta che a dicembre, 49 prigionieri politici sono stati graziati e rilasciati sottolineando che, date le condizioni create dal regime per i prigionieri politici, tali grazie sono l’unica possibilità per loro di essere rilasciati prima del termine determinato dalla loro condanna o dalla discrezione dei servizi di sicurezza. Ciò è particolarmente importante per le persone appartenenti a gruppi vulnerabili, tra cui donne, persone con disabilità e gravi malattie croniche, anziani e coloro che crescono i figli. Tuttavia, diversi difensori dei diritti umani stanno attualmente scontando le loro condanne in istituti penitenziari. Tra questi, il vincitore del premio Nobel per la pace Ales Bialiatski, il vicepresidente della Federazione internazionale per i diritti umani (FIDH) Valiantsin Stefanovic, Uladzimir Labkovich, Maria Rabkova, il volontario Andrei Chapiuk e l’attivista per i diritti umani di Human Constanta Nasta Loika.

Numerosi individui imprigionati per motivi politici sono stati tenuti in isolamento per un lungo periodo. Maksim Znak, Viktar Babaryka, Mikalai Statkevich, Siarhei Tsikhanouski e altri sono stati privati ​​del contatto con il mondo esterno e con i compagni di cella per oltre un anno. La loro situazione è in linea con la definizione di sparizione forzata, che è una violazione del diritto internazionale. un sacerdote cattolico è stato condannato con l’accusa di alto tradimento per aver criticato il governo e gli è stata inflitta una pena di 11 anni. Si tratta del primo caso di accuse a sfondo politico contro il clero cattolico, da quando la Bielorussia è diventata indipendente, dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Nel mese di dicembre, un sacerdote cattolico, padre  Henrykh Akalatovich, è stato condannato con l’accusa di alto tradimento per aver criticato il governo e gli è stata inflitta una pena di 11 anni. Si tratta del primo caso di accuse a sfondo politico contro il clero cattolico. La repressione capillare in tutto il Paese del dissenso è legato anche alle vicinissime elezioni presidenziali che si terranno il 26 gennaio e che quasi sicuramente consegneranno all’attuale presidente Alexander Lukashenko un settimo mandato. “Human Rights Defenders for Free Elections”, missione promossa dal Comitato Helsinki bielorusso e dal Centro per i diritti umani Viasna, ha pubblicato un rapporto sul processo di registrazione dei candidati presidenziali per le prossime elezioni di gennaio 2025.

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