Strage di Paderno Dugnano: Alberto Pellai, “per la nostra società la fragilità non è roba da uomini”. “Allenare i figli ad affrontare le sfide della vita”

Oggi moltissimi adolescenti hanno dentro di sé “un vuoto angoscioso, un abisso interiore che dà segnali che non vengono riconosciuti, che non sanno come attraversare e gestire”. E i maschi “fanno più fatica a chiedere aiuto”: per la nostra società la fragilità “non è roba da uomini”. Lo sostiene in un’intervista al Sir Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta ed esperto in educazione alla salute e alla prevenzione in età evolutiva, commentando la strage familiare di Paderno Dugnano. Non possiamo sapere che cosa sia scattato nella mente del giovanissimo omicida, ma “quello che certamente avvertiamo in questa narrazione – spiega Pellai – sono sintomi di de-personalizzazione e de-realizzazione che spesso conducono ad una sorta di stato dissociativo, uno stare dentro la vita facendo tutto con modalità automatiche, sentendosi incapaci di gestirla e di controllarla”. Il motivo per cui “ci troviamo a compiere gesti che non erano intenzionali, ma che vengono comunque agiti”. Tuttavia, secondo l’esperto, nel corso dell’adolescenza “capita a tutti di avere vissuti faticosi, di sperimentare disagio: una caratteristica fisiologica che obbliga però il ragazzo e la ragazza a rimanere in contatto in modo funzionale con il proprio mondo interiore, a saper riconoscere e validare i propri stati emotivi, a saper eventualmente chiedere aiuto. Quello che oggi accade a moltissimi adolescenti – più ai maschi che alle ragazze -, è di avere dentro di sé un vuoto angoscioso, un abisso interiore che dà segnali che non vengono riconosciuti, che non sanno come attraversare e gestire. Si tratta spesso di ragazzi che hanno goduto di grande benessere, ma hanno poco – o nessuno – allenamento ad affrontare le sfide del disagio e della fatica, per cui non sono dotati di quelle competenze emotive e cognitive che di fronte alle difficoltà ciascuno di noi è chiamato a mettere in campo”. Con l’aggravante che per i maschi entra in gioco l’archetipo culturale dell’uomo “forte” che non può ammettere fragilità e fatica a chiedere aiuto. Per tutti “la nostra società della performance” che spinge ad “essere numeri uno”. A quel punto, osserva Pellai, “è faticoso confidare ad una famiglia che ti ha fatto credere onnipotente: io mi sento fragile e rischio di spezzarmi. E’ come far crollare il palco che ci siamo costruiti per stare sulla scena della vita”.

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