“Di solito gli indicatori ci sono, i genitori si accorgono se qualcosa non funziona”, ma spesso “questi ragazzi hanno dentro di sé mondi enormi e oscuri, di cui solo loro conoscono l’abisso”. Lo sostiene in un’intervista al Sir Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta ed esperto in educazione alla salute e alla prevenzione in età evolutiva, commentando la strage familiare di Paderno Dugnano. E nessuna famiglia può dirsi al riparo dalla possibilità di episodi del genere. “Nessuno di noi è nella mente dei nostri figli che quanto più diventano adulti tanto più diventano autonomi e responsabili della loro vita e delle loro azioni – afferma Pellai -. Detto questo, quando guardo i miei quattro figli – due maschi e due femmine tra i 15 e i 24 anni, ndr – non tento di scrutare se dentro di loro c’è un mostro. Il mio ruolo di genitore è nutrire il più possibile la loro competenza, curiosità sul mondo e ricerca di bellezza, non guardarli spaventato. Vorrei dire ai genitori che i nostri figli non vanno guardati con paura ma, a maggior ragione in questo tempo, con fermezza e autorevolezza, assicurando loro: ‘Sì, siamo qui. Qualsiasi cosa ci accada la affronteremo insieme, ma quando ti guardo io vedo in te un germoglio che fiorirà'”.
Quando il giovanissimo omicida sarà pienamente consapevole dell’orrore compiuto “il dolore sarà enorme, devastante – sottolinea lo psicoterapeuta -, ma questa crisi costituirà in qualche modo la sua salvezza”. Per quanto riguarda il sostegno da offrire ai suoi compagni che tra pochi giorni torneranno in classe, Pellai spiega che in questi casi si utilizza un protocollo di desensibilizzazione collettiva dal trauma di gruppo attraverso la metodica Emdr (Eye Movement Desensitization and Reprocessing, ndr). “Uno strumento terapeutico tramite il quale si accompagnano ragazzi e ragazze a tenere dentro di sé la consapevolezza, la memoria di un fatto così agghiacciante, senza però rimanerne emotivamente intrappolati o bloccati”. Il secondo intervento consiste” nel farli parlare molto, capire quali significati danno a quanto accaduto, aiutarli a riconoscere le proprie fragilità, insomma si lavora sulle competenze e sulla consapevolezza emotiva, sul potenziamento di quella che chiamiamo mente intrapersonale, ossia la capacità di guardarsi dentro”. “Un bel percorso, muovendosi in modo formativo all’interno di un evento che altrimenti lascerebbe dietro solo un potenziale distruttivo”. Quale potrà essere il ruolo dei nonni che il ragazzo incontra proprio oggi in carcere? “Per questo ragazzo il grande tema sarà capire se ha commesso un gigantesco errore oppure se è una persona sbagliata. Tutto il lavoro riparativo riabilitativo di Riccardo servirà a prendere consapevolezza del suo gravissimo errore e a costruire una sua identità adulta dove percepirsi non come un uomo sbagliato, ma come un uomo che ha fatto un enorme sbaglio. In questo percorso l’affetto dei nonni costituirà una base sicura, un porto; sarà lo sguardo con cui vieni guardato da qualcuno che ti ama nonostante il male compiuto”.