“Ai bambini e ai ragazzi che da domani inizieranno a tornare sui banchi auguro un nuovo anno ricco di conoscenze, scoperte e incontri. Spero che la scuola possa essere per tutti non soltanto un luogo in cui si apprende e ci si forma, ma anche un posto in cui si va volentieri, si sta bene e si costruiscono relazioni”. Lo dichiara Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, in occasione dell’avvio dell’anno scolastico 2024/2025.
Rispetto alle numerose novità introdotte dal ministro dell’istruzione e del merito, Garlatti accoglie positivamente in particolare quella dei tutor (apprezzata anche dal Consiglio nazionale delle ragazze e dei ragazzi dell’Agia) e il potenziamento dello studio dell’educazione civica. A proposito di quest’ultima, Garlatti auspica che essa “rappresenti veramente uno strumento per promuovere tra bambini e ragazzi la cultura del rispetto verso l’altro e i valori di solidarietà. Solo in questo modo potrà contribuire in concreto a supportare i minorenni nel loro percorso di crescita e di costruzione della personalità e potrà fare davvero la differenza in termini educativi, formando ragazzi più consapevoli che si sentano parte attiva della società e diventino il tramite per veicolare valori positivi”.
Per Garlatti, inoltre, deve essere ovviamente scongiurato l’approccio di tipo individualistico che potrebbe derivare da un’eccessiva estremizzazione del concetto di appartenenza alla comunità nazionale a discapito dell’apertura verso una società multietnica e multiculturale. “La scuola deve essere pensata, sin da quella dell’infanzia, come il primo luogo di integrazione. Per questo – sottolinea – l’attività di potenziamento dell’italiano rivolta agli studenti stranieri deve essere svolta in modo pienamente inclusivo, evitando il rischio di isolamento e di ghettizzazioni”.
“Nel momento in cui si riconosce alla scuola questo importante compito di favorire la socializzazione e la crescita dell’individuo come parte di una comunità – aggiunge Garlatti – va da sé che non ha più senso una norma che impone di attendere il compimento dei 18 anni per acquisire la cittadinanza a ragazzi che nascono e crescono in Italia e si formano studiando la lingua, la storia, i valori e le regole di convivenza civile del nostro Paese. Sono ragazzi che si sentono italiani e che italiani lo sono di fatto”.
“Sono convinta – conclude – che questo possa essere davvero il momento giusto per avviare una seria riflessione sul tema. Riconoscere la cittadinanza è fondamentale per promuovere una piena integrazione; non riconoscerla, al contrario, potrebbe essere causa di frustrazione e determinare forte senso di emarginazione, accrescendo il rischio di pericolose derive oppositive”.