“Si avvicina il tragico primo anniversario della tragedia del 7 ottobre 2023, un nuovo pogrom, che ha innescato un dramma terribile che insanguina Israele, Gaza, il Libano. Un nuovo terrificante capitolo di una guerra che da troppo tempo sta avvelenando i popoli e della quale non vediamo nessuna uscita, se non l’audacia della pace. Invito tutti ancora a un quarto d’ora di silenzio, come lo scorso anno avevamo fatto sul Molo Audace. Il 7 ottobre, nelle vostre case, in chiesa, nel segreto delle vostre camere… datevi 15 minuti di silenzio. Mettetevi davanti a Dio, date spazio alla vostra coscienza. E impegniamoci ovunque perché si osi immaginare, pensare, volere la mediazione alta della diplomazia della pace. Invito tutti gli uomini di buona volontà, di ogni credo religioso e anche chi è laico e in ricerca”. È l’appello lanciato oggi dal vescovo di Trieste, mons. Enrico Trevisi.
“Non siamo distratti. Se siamo in silenzio è perché non abbiamo parole per dire l’orrore di quanto sta succedendo. È la guerra, qualcuno dirà. Come se fosse una realtà ovvia, dovuta, indispensabile, irrinunciabile”, osserva il presule, che poi ammonisce: “Andate a Redipuglia o a Oslavia e guardate l’età di quei soldati: viene da rabbrividire al pensare di una generazione di giovani abbruttita dalla guerra o annientati dalla guerra. Se dovessimo costruire oggi gli ossari per le guerre che si stanno combattendo ora avremmo una scena ancora più straziante: non la schiera di giovanissimi soldati, ma l’elenco infinito di bambini, ragazzi, donne, famiglie intere… sacrificati per la causa, uccisi per vincere il nemico”.
“Abbiamo quel tanto di umanità – prosegue il vescovo – che ci porta a dire che è insopportabile come si stanno ammazzando le persone. Quanta tecnologia e ingegno per uccidere… tanti innocenti”. “Chi ha dimostrato che non ci si possa sedere ad un tavolo e negoziare, fino allo sfinimento? Con quale sventatezza si continuano ad allargare i conflitti e a coinvolgere altri popoli e a uccidere altri innocenti?”, domanda mons. Trevisi: “E a rischiare che ci si avventuri in barbarie che legittimano tutto. Lo sgozzare i bambini. Il rapire i bambini e farne ostaggi. Il bombardare le scuole e gli ospedali. La bomba atomica. L’odio e la paura accecano”. “Non chiedeteci di giustificare”, aggiunge: “Lo diciamo sottovoce. Con rispetto ma con determinazione. Capiamo il vostro dolore, ma questo non autorizza a sacrificare gli innocenti”.
“Ci sono guerre che durano da anni e anni, alcune da decenni: in Israele-Palestina, in Afganistan, nella Repubblica democratica del Congo… Per come si combattono ora le guerre esse non finiranno più: e a rimanere vittime sono più i bambini e in genere i civili, che non i militari”, rileva il vescovo, per il quale “occorre osare. Osare il deporre le armi. Osare l’incontro e la mediazione. Osare di perdere qualcosa per guadagnare la cessazione della guerra. Osare che per ora cediamo un qualcosa, anche se riteniamo sia un prezzo alto, ma per guadagnare un po’ di tempo per parlarsi, per comprendere le paure dell’altro, per comprendere perché nell’altro c’è tanto odio”. Bisogna “sostituire le armi con le parole per far comprendere all’altro le paure e il proprio odio. E sentirsi accomunati. Anche nella speranza”. “Se si sceglie la guerra – conclude mons. Trevisi – si vivrà sempre nel terrore che l’altro si vendichi: e ci si autorizzerà sempre a eccidi preventivi o vendicativi. Se osiamo la pace scriviamo una nuova pagina di storia, di speranza, in una dinamica che chiede processi complicati ma non la prepotenza del ritenere che tutta la giustizia sia dalla propria parte”.