“Con la serie di azioni a danno di Hezbollah, Israele è riuscito a scardinare non tanto la sostanza di un’alleanza, ma la sua illusione di potenza e deterrenza. L’Iran ormai è nudo, è debole, e i suoi alleati pregiati, da Hamas a Hezbollah, sono stati drasticamente ridimensionati sia sul piano politico (uccisioni targeting) sia militare”. È quanto scrive Claudio Bertolotti, direttore esecutivo di Start InSight, società di ricerca e analisi strategica, esperto dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) sul sito www.startinsight.eu, commentando l’attacco di Israele a Hezbollah. Hamas, spiega Bertolotti, “è ormai ridotto ai minimi termini militarmente parlando, Hezbollah è privo di capacità di comando, controllo e comunicazione, e questo dimostra come la retorica iraniana sia ormai stata smentita dai fatti”. La preoccupazione di Teheran, aggiunge l’analista, “aumenta con l’avvicinarsi delle elezioni statunitensi. Oggi gli Stati Uniti sostengono senza sé e senza ma Gerusalemme. E se è comprensibile una certa ritrosia dell’amministrazione democratica a un’intensificazione dello scontro regionale (a cui Washington non farebbe comunque mancare il proprio appoggio), un’eventuale vittoria repubblicana di fatto rafforzerebbe la linea politica israeliana già consolidata”. Si conferma così l’obiettivo di Israele “di distruggere l’asse della resistenza (sostenuto dall’Iran, che comprende Hamas, Hezbollah in Libano, gli Houthi in Yemen e vari gruppi armati sciiti in Iraq e Siria, ndr.), che è la prima minaccia che incombe su Israele (forse non più)”. Una scelta che, per Bertolotti, “determinerà, in primis, una ridefinizione degli equilibri in Medio Oriente, con una progressiva erosione della minaccia attraverso l’indebolimento o la disarticolazione irreversibile dei suoi attori di prossimità (Hamas, Hezbollah, Ansar-Allah yemeniti, milizie sciite irachene, Siria)”. Aspetto prioritario rimane, quindi, “il proseguimento del processo di normalizzazione dei rapporti con i paesi arabi avviato con gli ‘Accordi di Abramo’, sponsorizzato dagli Stati Uniti che, sebbene rallentato dal conflitto in atto, rimane la priorità condivisa da Washington, Gerusalemme e Riad”.