Era il 26 settembre del 1119 quando papa Gelasio II consacrò il duomo di Pisa. Presenti molti cardinali e vescovi, i canonici, i priori e gli abati di Lucca. In questa occasione, ricostruisce il canonico Giuseppe Sainati nel suo “Diario Sacro”, “il Papa elargì molte indulgenze e confermò alla sede pisana la prerogativa di ‘metropolitana’, già concessa nel 1092 da Urbano II” (Antiche Lezioni riferite dal Martini). La costruzione della basilica era iniziata nel 1063 (la prima pietra fu posta il 25 marzo di quell’anno), “innalzata col disegno del famoso Buschetto, cui senza ragione plausibile – scrive Sainati – alcuni dissero greco di nascita”. Il canonico Sainati riferisce anche che “al tempo della Repubblica” il 26 settembre e anche in altre solennità “si cingeva la primaziale all’esterno con una zona preziosa di seta rossa ornata di angioli d’argento a basso rilievo”. Con questo “rito, si alludeva a ciò che cantasi in un Inno dell’odierna liturgia: ‘Sponsaeque ritu cingeris mille Angelorum millibus’”.
Nell’anniversario della dedicazione del duomo di Pisa, ieri, l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto ha ordinato due diaconi transeunti, i seminaristi Francesco Federico, 40 anni, nato e cresciuto a Ghezzano, e Simon Pietro Mawuli Vignon Agbolo, originario del Togo. “Oggi – ha osservato l’arcivescovo di Pisa – si realizza per voi una speciale nuova ‘dedicazione’ della vostra esistenza al Signore Dio nella categoria del servizio, dopo che già nel battesimo avete ricevuto il dono della vita di grazia che vi ha resi figli di Dio, fratelli in Cristo e partecipi della vita della Chiesa”.