“Da sempre il Papa esprime disappunto sulla soluzione dei conflitti attraverso la forza e la violenza. Lo ha fatto fin dal primo messaggio, in cui si parla di comunicazione al servizio della cultura dell’incontro. La comunicazione deve aiutare a fare incontrare le persone e i popoli. Invece assistiamo a una comunicazione aggressiva e violenta, come sui social. Stiamo mettendo a rischio la democrazia, perdendo la capacità di dialogo”. Così don Fabio Pasqualetti, decano della Facoltà di Scienze della comunicazione sociale dell’Università pontificia salesiana, commenta il tema della 59ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali “Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori (cf. 1Pt 3,15-16)”. A proposito della speranza il decano richiama il punto 55 di Fratelli Tutti, dove “il Papa parla di una realtà che è radicata nel profondo dell’essere umano: una sete, un’aspirazione, un anelito di pienezza e di vita realizzata. Dietro c’è una visione che deve portare alla verità, alla bontà, alla bellezza, alla giustizia. E invece viviamo in una cultura della morte. Quando c’è qualcuno che ci ostacola, anziché cercare di capire vogliamo soltanto eliminarlo. Ma questo non è il cammino che il Papa propone ai cristiani e a tutti gli uomini”. Per Pasqualetti, infatti, “non puoi stabilire un rapporto di dialogo e di comunione con l’altro se non lo ascolti. Oggi siamo abituati ad imporre la nostra posizione e i social favoriscono questo approccio, perché sono strumenti di autoaffermazione. Ma l’intero apparato politico ed economico procede a forza di affermazioni, senza mai ascoltare la controparte”.
Il decano cita un passaggio di un discorso dell’allora cardinale Bergoglio che negli anni Novanta si rivolgeva alle comunità educative in un periodo di profonda crisi sociale: “L’utopia trae la sua forza da due elementi: da una parte, il disaccordo, l’insoddisfazione o il malessere causato dalla società attuale; dall’altra, l’irremovibile convinzione che un altro mondo sia possibile”. Per Pasqualetti, “è decisivo recuperare questo approccio perché abbiamo perso la speranza che un altro mondo sia possibile. L’utopia è la forma che prende la speranza in una concreta e determinata situazione storica. Parlare di speranza oggi non è banale”.