“La libertà religiosa non solo significhi possibilità di confessare la propria fede senza imposizioni né minacce persecutorie, sia nella sfera privata che in quella pubblica, ma significa anche la libertà di ricerca della verità”. Lo ha detto oggi a Varsavia il Segretario per i rapporti con gli Stati e le organizzazioni internazionali, mons. Paul Gallagher.
Il presule, invitato a partecipare alla conferenza dedicata alla “Libertà di coscienza in uno Stato democratico” organizzata dal Senato polacco, ha ricordato la Dignitatis humanae del Concilio Vaticano II che “con chiarezza indica nella dignità di ogni persona umana il fondamento di riconoscimento e della tutela del diritto alla libertà religiosa” ribadendo che “la nostra dignità in quanto esseri umani ci induce ad operare conformemente al dettato della nostra coscienza”. Mons. Gallagher ha rammentato il magistero di Benedetto XVI che definiva la libertà religiosa “l’elemento irrinunciabile di ogni Stato di diritto” e ha ribadito le parole di Papa Francesco che l’ha indicata come “un prezioso dono di Dio per tutti” e “la garanzia fondamentale di ogni libertà”. Il Segretario per i rapporti con gli Stati vaticano ha osservato inoltre che “in Occidente si parla spesso della libertà religiosa ma senza praticarla”. E quindi capita che “le Autorità civili neghino o limitino delle forme d’insegnamento o di promozione della religione con il pretesto di mantenere la neutralità e la laicità dello Stato o quello di voler rispettare il principio di separazione tra Stato e Chiesa”. Oltre al capo della diplomazia vaticana alla Conferenza hanno preso parte numerosi intellettuali, fra i quali l’ex ambasciatrice della Polonia presso la Santa Sede Hanna Suchocka, il cardinale Grzegorz Rys e Joseph Weiler della New York University.