Libano: Pro Terra Sancta, emergenza profughi dal Sud. “I bisogni aumentano, conventi e scuole diventano centri di accoglienza”

“Ieri è stata una giornata drammatica”, è quanto racconta Fadi Behjani, project manager del Libano, a Pro Terra Sancta, associazione no profit in Terra Santa. Nel Paese – si legge in un comunicato dell’associazione – i bisogni aumentano, ed è essenziale capirli per comprendere come aiutare davvero: “Ci sono centinaia di persone che cercano di lasciare il sud, tutte le strade dirette a Beirut sono bloccate dal traffico”, fa sapere Behjani. “Il governo ha chiuso le scuole per trasformarle in centri di accoglienza, ma nessuno era davvero pronto per affrontare una cosa del genere. Servono materassi, coperte, acqua per bere e per pulire, e in Libano la disponibilità d’acqua è un grande problema. Servono pannolini e latte in polvere per i bambini delle famiglie rifugiate”.  A Tiro, nel sud della regione, padre Toufic, parroco di una vastissima area del Libano meridionale, garantisce la distribuzione di pacchi alimentari in tutto il sud del Paese grazie al sostegno di Pro Terra Sancta. Toufic racconta degli attacchi che hanno quasi raggiungo il convento, e delle numerose famiglie che, costrette a scappare dalle proprie case hanno iniziato a cercare un riparo,  “Questa mattina, intorno alle 6.30, un missile è caduto vicino al nostro convento, a non più di 1 km di distanza”. Il convento è diventato, da ieri, un centro di accoglienza: al momento ci sono circa 35 famiglie che hanno chiesto asilo, convergono qui da diversi punti del sud del Paese per cercare riparo e assistenza. Per sfamare 150 persone servono risorse e personale: al momento il convento può contare sull’aiuto volontario di diversi giovani appartenenti alla comunità cristiana di Tiro. “È bene che arrivi la nostra voce, in questo momento – racconta il parroco -, che venga diffusa e ascoltata”.  Pro Terra Sancta scrive che il contatto con i colleghi che vivono e operano sul campo rimane costante, “per seguire gli sviluppi della situazione e, soprattutto, per comprendere cosa possiamo fare concretamente per aiutare quante persone possibile, per rispondere alle esigenze delle vittime di questa terribile fase di escalation”.

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