“Anticamente si diceva ‘il sangue dei martiri, seme di nuovi cristiani’, oggi possiamo aggiungere ‘il sangue dei martiri è fermento di cittadini onesti’”. Si è conclusa con queste parole l’omelia pronunciata questa mattina da mons. Alessandro Damiano, arcivescovo di Agrigento, in occasione della messa in memoria del giudice Rosario Livatino che ha presieduto nella chiesa di S. Domenico a Canicattì.
“Questa celebrazione, il crescente Parco Livatino sulla terra che ha raccolto il sangue del beato Rosario, vogliono fare ‘memoria’, contrastare la dimenticanza dei nomi – e ogni nome è una storia – non solo di Rosario ma anche dei tanti caduti per la giustizia, il giudice Saetta e con lui i tanti altri, uomini e donne che a volerli ricordare se ne dimenticherebbe qualcuno”, ha osservato il presule. “A noi, alle nostre comunità, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà il compito di raccogliere l’eredità che il beato Livatino ci ha donato e consegnato”, l’esortazione di mons. Damiano: “È l’eredità di chi – ha spiegato – ha trovato il coraggio della libertà, squarciando il silenzio della connivenza e decidendo di parlare chiaramente, non solo con parole tecniche mutuate dai linguaggi umani, ma soprattutto con la parola del Vangelo”. “Il silenzio, il tacere è la prima strategia del male”, ha proseguito, precisando che “non ci si può limitare a parlare di mafia senza parlare ai mafiosi”. A tal proposito, l’arcivescovo ha ricordato le parole pronunciate da san Giovanni Paolo II il 9 maggio del ’93: “Questi che portano sulle loro coscienze tante vittime umane, devono capire, devono capire che non si permette uccidere innocenti! Dio ha detto una volta: ‘Non uccidere’: non può uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio! Qui ci vuole civiltà della vita! Nel nome di questo Cristo, crocifisso e risorto, di questo Cristo che è vita, via verità e vita, lo dico ai responsabili, lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”. “Se da una parte è necessario prendere le distanze dal silenzio – ha evidenziato mons. Damiano – dall’altra occorre dare al discorso sulle mafie un timbro peculiare per evitare di fermarsi alle analisi senza osare strade nuove per vincere il fenomeno con lungimiranza profetica”. “Anche oggi – il pensiero conclusivo dell’arcivescovo – è un buon giorno per avviare processi indirizzati a sviluppare una seria azione comune e sistematica di contrasto nei confronti della mafia che ha trovato altre forme, meno appariscenti e per questo più pericolose. E non dimentichiamo che ‘La mafia sarà vinta da un esercito di maestre elementari’ (G. Bufalino)”.