Diocesi: mons. Oliverio (Lungro), “se il mondo è così buio, forse è poca la luce che siamo capaci di testimoniare”

“Ad ogni cristiano dell’eparchia, ma non solo, giunga il mio invito a riscoprire la propria vocazione di chiamati da Cristo, a seguirlo, ognuno nel proprio ambito. Seguire Cristo vuol dire, innanzitutto, conoscerlo e amarlo, nella Parola del Vangelo, nella partecipazione ai Divini Misteri. La Divina Liturgia che è il centro della vita di ogni battezzato è una esperienza di cielo per un mondo che non riesce più a sollevare il capo e il cuore verso l’alto”. È quanto scrive mons. Donato Oliverio, vescovo dell’eparchia di Lungro degli Italo Albanesi dell’Italia Continentale, nella lettera pastorale “2025: un anno di Grazia. Cristiani in cammino verso l’unità, guardando a Nicea”. Mons. Oliverio invita i cristiani dell’eparchia a farsi “sempre più annunciatori del Vangelo con la testimonianza di vita, la fedeltà al patrimonio liturgico-teologico-spirituale, con l’annuncio instancabile delle meraviglie che Dio compie nella via di ciascuno”. La lettera è stata consegnata alla diocesi dal presule al termine dell’Assemblea diocesana sul tema “Verso i 1700 anni del Concilio di Nicea” e scritta, come ha spiegato mons. Oliverio, per sottolineare quanto “fondamentale sia ancora ciò che Nicea ha detto e dice alla Chiesa universale”. “La vocazione ecumenica dell’eparchia – scrive – ha valore e senso nella misura in cui questa dimensione di unità è vissuta dalla comunità cristiana assieme al proprio
Vescovo e ai propri presbiteri. Unità con sé stessi, con chi ci sta a fianco e con il resto del mondo: tutto ciò deriva dall’unità che ciascuno di noi ha con Gesù Cristo. Le divisioni aumentano in quella società, in quelle famiglie, in quella realtà dove il Signore è il grande sconosciuto”. Da qui l’invito a “ripartire da Cristo al centro delle nostre vite”. “Rischiamo – ha detto l’eparca concludendo il convegno – di dimenticarci di Lui se diamo importanza ad altro”. I tempi di oggi – ha spiegato – “richiedano in noi un maggiore impegno di fede. Se il mondo è così buio, forse è poca la luce che siamo capaci di testimoniare. Forse le nostre fiaccole sono fioche. Anche nella nostra eparchia corriamo sempre più il rischio che modernità, capitalismo, relativismo, società del piacere, eroda i secoli di fede, tradizione e spiritualità costruiti con fatica, sudore e sacrificio, a volte anche sacrificio della propria vita. Esorto ciascuno a una conversione interiore. Guardiamo a Dio. Parliamo di Dio. Testimoniamo al mondo che l’incontro con il Risorto porta luce e gioia, a differenza del mondo che promette falsamente e ingannevolmente”. Tutti i battezzati – ha detto ancora mons. Oliverio – sono “chiamati ad annunciare al mondo il Cristo morto e risorto per la nostra salvezza e divenire sempre più simili a lui! Tanta gente e tanti sacerdoti si dedicano alla evangelizzazione e si impegnano giorno dopo giorno a costruire la Santa Chiesa di Dio. È un mare di popolo che risponde alla propria vocazione. E proprio la mancata capacità di saper riconoscere la propria vocazione è uno dei drammi di questa epoca. La vocazione non riguarda solo i preti”. Da qui l’invito a riscoprire “la necessità di parlare di vocazione a quanti non conoscono più questa parola”: “Guardando alla carenza nell’Europa di vocazioni sacerdotali, possiamo dire che la ragione profonda della carenza di vocazioni è la mancanza di fede. Le vocazioni nascono in un clima di fede. In clima di fede Dio darà vocazioni in abbondanza. Preghiamo per le vocazioni! Anche noi corriamo il rischio di essere colpiti da una piaga, peggiore della pandemia, peggiore della mancanza di acqua. Signore, dacci santi sacerdoti; muovi il cuore dei giovani perché si sentano chiamati da Te e non abbiano paura”.

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