Sudan: Unicef, oltre tre milioni di bambini a rischio colera e altre malattie mortali

È iniziato questa settimana a Kassala il secondo ciclo della campagna di vaccinazione orale contro il colera, per prevenire l’ulteriore diffusione della malattia mortale. Il 12 agosto 2024 il Ministero federale della Sanità del Sudan ha dichiarato ufficialmente un’epidemia di colera dopo che è stata segnalata una nuova ondata di casi della malattia a partire dal 22 luglio 2024. Tra il 22 luglio e il 15 settembre sono stati segnalati 8.457 casi e 299 decessi in otto stati del Sudan. “Stiamo correndo contro il tempo. Con le forti piogge e le inondazioni, le malattie possono diffondersi più rapidamente e peggiorare gravemente le prospettive per i bambini negli Stati colpiti e oltre”, ha dichiarato Sheldon Yett, rappresentante dell’Unicef in Sudan.
Il Sudan è alle prese con diversi focolai di malattie, tra cui colera, malaria, febbre dengue, morbillo e rosolia. Si stima che 3,4 milioni di bambini sotto i cinque anni siano ad alto rischio di malattie epidemiche. Le crisi derivano da un calo significativo dei tassi di vaccinazione e dalla distruzione delle infrastrutture sanitarie, idriche e igieniche a causa del conflitto in corso. Il deterioramento dello stato nutrizionale di molti bambini in Sudan li espone a rischi ancora maggiori.
L’Unicef sta attuando una risposta multisettoriale in collaborazione con il Ministero federale della Sanità e l’Oms per controllare l’epidemia di colera negli Stati colpiti e contenere la diffusione della malattia. Si stima che 15 milioni di persone in Sudan vivano nei 14 Stati ad alto rischio di inondazioni e che 3,1 milioni di persone, tra cui 500.000 bambini sotto i cinque anni, sono a rischio di colera tra luglio e dicembre 2024. Le stime indicano anche che 3,4 milioni di bambini sotto i cinque anni sono ad alto rischio di malattie epidemiche, tra cui morbillo, malaria, polmonite, malattie diarroiche e colera. La copertura vaccinale nazionale in Sudan è crollata dall’85% prima della guerra a circa il 50%. Nelle zone di conflitto attivo i tassi sono in media del 30%. La fornitura di vaccini e le attività di vaccinazione di routine sono state ostacolate da problemi di sicurezza e dalla mancanza di accesso. Più del 70% degli ospedali nelle aree colpite dal conflitto non sono operativi e gli operatori in prima linea, compresi infermieri e medici, non vengono pagati da mesi.

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