“Il modello italiano è un buon esempio di come i proventi del crimine possono essere destinati alla riparazione del danno causato alle vittime e alla società; di come possano servire alla ricostruzione del bene comune”. Lo scrive Francesco, nel messaggio ai partecipanti al Convegno sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie che si svolge oggi e domani, in Vaticano, nella Casina Pio IV, per iniziativa della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e di “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, fondata da don Luigi Ciotti, con l’obiettivo di riflettere, condividere esperienze e dare una dimensione globale alla strategia di uso sociale dei beni recuperati dalla criminalità organizzata, per favorirne lo smantellamento, per la ricostruzione dei legami sociali, la riparazione dei danni causati alla comunità e la prevenzione dei crimini attraverso la riaffermazione dello stato di diritto. Nel testo, scritto in spagnolo, Francesco sottolinea che “dinanzi alla ferita che implica per la società la criminalità organizzata transnazionale”, deve esserci “la volontà politica di affrontare un problema mondiale con una reazione mondiale”, come ha indicato nella Convenzione Onu di Palermo del Duemila l’allora segretario generale Kofi Annan. Insistendo sull’indispensabilità di “un approccio integrato di lotta contro la criminalità” e sul rafforzamento della cooperazione internazionale, il Papa invita, inoltre “a incentrare i colloqui di questi giorni sull’urgenza di recuperare il bene di tutte le persone”, perché “tutti contano” e nessuno deve essere scartato, e perché prevalga “il progetto comune, al servizio della dignità umana”. Infine, Francesco incoraggia i partecipanti al convegno a condividere le loro esperienze e a riflettere, “senza perdere di vista le vittime e la comunità” e a orientarsi all’azione “intendendo il diritto e la giustizia come una pratica che ha come scopo la costruzione di un mondo migliore”.