Messico: beatificato il sacerdote Moisés Lira Serafín. Card. Semeraro, “Riprodusse in sé l’immagine di Cristo, Figlio mite e umile”

Il sacerdote Moisés Lira Serafín è stato beatificato, sabato scorso, a Città del Messico, in un rito presieduto nella basilica di Guadalupe dal card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero della Cause dei Santi. Moisés Lira Serafín nacque a Zacatlan, nello Stato di Puebla, il 16 settembre 1893. Crebbe in una famiglia cristiana, ma la sua infanzia fu segnata dalla morte della madre, nel 1898. Nel 1914 entrò nella congregazione dei Missionari dello Spirito Santo, fondata da padre Felix de Jesus Rougier, e divenne il primo novizio. Prese i voti nel 1917, fu ordinato sacerdote nel 1922 e nello stesso anno emise i voti perpetui. Il suo motto, “È necessario essere molto piccoli per essere un grande santo”, ha guidato la sua vita spirituale. Durante il suo ministero, si dedicò all’insegnamento, alla cura degli anziani e al servizio dei carcerati. Durante la persecuzione religiosa del 1926, celebrò la messa in segreto e portò la comunione ai fedeli. Tornato in Messico nel 1928, dopo gli studi a Roma, continuò il suo lavoro come guida spirituale, direttore di missioni e fondatore, nel 1934, dell’Opera di carità e apostolato Sociale, nota come Missionarie della Carità di Maria Immacolata. Morì il 25 giugno 1950 a Città del Messico. Fu dichiarato Venerabile il 27 marzo 2013 da Papa Francesco. Ha detto il cardinale Semeraro, durante l’omelia: “Una delle caratteristiche del nuovo beato Moisés Lira Serafín è stata proprio questa: riprodurre in sé l’immagine di Cristo Figlio, mite e umile, e proporre questo volto di Gesù anche all’imitazione delle sue figlie spirituali, le «Misionarias de la Caridad de María Inmaculada», guidandole nel cammino della infanzia spirituale”. Nonostante i dolori e le sofferenze, “il suo carattere rimase allegro, giocoso e scherzoso. In questo il nostro beato può essere anche presentato modello per tante persone che hanno avuto un’infanzia e una gioventù affettivamente povere. Le testimonianze hanno detto di lui che era molto gioviale, che amava rendere tutti felici ed era evidente che la sua gioia sgorgava dal di dentro, certo per il suo stabile rapporto con Dio”. Il porporato ha ricordato, in riferimento al beato, il suo “speciale carisma per la direzione spirituale, che esercitava non solo nella celebrazione del sacramento della Penitenza, cui dedicava dalle sei alle otto ore al giorno, ma pure nell’accompagnamento di tante persone, che guidava pure nella scelta di vita. La sua infanzia spirituale qui si trasformava in paternità spirituale con cui infondeva nei cuori pace, confidenza in Dio, sicurezza. Non abbatteva, ma sollevava lo spirito, dicevano di lui e questo è un bisogno molto avvertito nella Chiesa di oggi”.

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