“Crescere nella fede, vivendo quell’equilibrio fra preghiera e carità che è necessario per non cadere nei rischi di uno spiritualismo vuoto o di una filantropia che presto si esaurisce”. È l’esortazione lanciata questa mattina in basilica dall’arcivescovo di Firenze, mons. Gherardo Gambelli, in occasione della Festa dell’Esaltazione della Santa Croce. “Non è il peccato che ci separa dall’amore di Dio – ha detto il presule – ma piuttosto la presunzione di essere giusti o la disperazione nella quale cadiamo quando ci accorgiamo di aver sbagliato, pensando di non poter più rialzarci dalla caduta. Le persone povere dispongono di una misteriosa sapienza che può aiutarci a crescere nella fede in Dio misericordioso. Esse, infatti, non possedendo molti beni, confidano nell’unico bene che è la comunione con Dio, sanno riconoscerlo come un Padre con un cuore di madre. L’ascolto costante della Parola di Dio, può aiutarci a lasciar penetrare nell’intimo del nostro cuore la forza risanatrice della misericordia di Dio”. “La fede in lui – ha aggiunto – può dare non solo la guarigione, ma la vita eterna che comincia già nel tempo presente. Nascere dall’alto significa lasciarsi guidare dallo Spirito Santo che trasforma il nostro modo di vedere e di pensare. La logica del mondo ci porta spesso a immaginare che la felicità possa venire da possedere molte cose o da diventare qualcuno. Il Vangelo ci dice che la gioia vera viene piuttosto dall’essere con Dio e dal vivere nell’amore”. Riferendosi poi alla prossima giornata dei poveri (17 novembre) mons. Gambelli ha detto: “Sarebbe bello che la giornata dei poveri fosse non soltanto un evento che celebriamo una volta l’anno, ma che diventasse il punto di partenza per uno slancio di solidarietà più coraggioso da vivere per tutto l’anno. Tante persone nella nostra città di Firenze faticano a trovare una casa e un lavoro. Dio ama chi dona con gioia e potremmo aggiungere che dona la gioia a chi ama”. Dalla sapienza dei poveri “impariamo l’importanza della solidarietà. Spesso la generosità viene manifestata principalmente proprio dalle persone più semplici e povere, rispetto a quelle più ricche e benestanti. In questo modo – ha concluso – i poveri diventano ancor di più per noi un modello, perché ci ricordano come nessuno si salva da solo, né con le proprie forze, né come individuo isolato”. Al termine della celebrazione l’arcivescovo si è trattenuto a pranzo nel chiostro della Basilica con 150 ospiti della Fondazione Solidarietà Caritas.