Congresso eucaristico internazionale: a Quito le testimonianze di fraternità ferita da Congo, Ucraina e migranti negli Usa

“Nessuna attività pastorale deve sostituire l’Eucaristia”. Lo ha affermato ieri, nel corso della seconda giornata di lavori del Congresso eucaristico internazionale su “Fraternità per sanare il mondo”, in corso a Quito, capitale dell’Ecuador, mons. Francisco Ozoria, arcivescovo di Santo Domingo e primate d’America. Il presule, nell’omelia della messa che ha presieduto, ha ricordato che, in questi giorni di riflessione sulle ferite del mondo, il Congresso è un’occasione per recuperare l’importanza dell’Eucaristia nella vita di ogni persona.
Non mancano, a Quito, testimonianze da diverse parti del mondo, così come esempi di spiritualità eucaristica da parte di figure importanti della Chiesa latinoamericana Mons. Bienvenu Manamika, arcivescovo di Brazzaville, Repubblica del Congo, ha condiviso una riflessione partendo da un contesto in cui la povertà rimane la costante, così come le malattie che storicamente affliggono la nazione, e in cui le manipolazioni politiche che mettono i fratelli gli uni contro gli altri in guerre fratricide. Davanti a tutto ciò, è urgente trovare un percorso di azione che aiuti il Congo. La risposta è nell’Eucaristia, che può essere proposta come un percorso di rinascita per il Paese, attraverso cinque sfide che scaturiscono da una fede eucaristica: liberazione, pace, responsabilità, promozione umana e fraternità. In un precedente dibattito, mons. Hryhoriy Komar, vescovo ausiliare di Sambir – Ucraina, ha condiviso i volti e le storie delle vittime della guerra che da quasi tre anni imperversa nel suo Paese, e è fatto portavoce delle storie di tanti innocenti che muoiono sotto il fuoco incrociato, di famiglie scomparse e di bambini che perdono la loro infanzia a causa di questa guerra. Tre le richieste del vescovo: preghiera per l’Ucraina, solidarietà con il popolo ucraino e “quando la guerra sarà finita, per favore venite in Ucraina”. Un’ulteriore testimonianza è stata quella di Leyden Rovelo, del ministero ispanico della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, che ha parlato della realtà della migrazione che, pur essendo arrivata a rivitalizzare le parrocchie negli Stati Uniti, rimane una realtà di dolore, paura e desolazione.
Il cardinale Gregorio Rosa Chávez, vescovo ausiliare emerito di San Salvador, ha condiviso la testimonianza di san Óscar Romero, che ha conosciuto da adolescente. Per il porporato, anche se a volte si cerca di associare Romero a lotte ideologiche e partitiche, non bisogna ignorare che per lui la logica della lotta era sempre quella del Vangelo. Non ha lottato per motivi politici, ma per essere “sacerdote” a causa della carità di Cristo che si riversa sugli eletti. Mons. Victor Corral, che fu vescovo ausiliare di mons. Leonidas Proaño a Riobamba (Ecuador) ha ricordato il vescovo così vicino ai poveri e agli indigeni, che era “un uomo semplice e forte, con una spiritualità radicalmente legata al Vangelo”.

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