Colombia: mons. Henao (Cec), “si superino ostacoli esistenti per una proroga del cessate-il-fuoco, rispondendo a richieste delle regioni più colpite”

È terminato sabato 3 agosto il cessate-il-fuoco bilaterale tra l’Esercito di liberazione nazionale (Eln) e il Governo colombiano, che era stato concordato nel corso dei colloqui di pace per sei mesi e prorogato per altri sei, per un totale di un anno. La fine del cessate-il-fuoco, unitamente alla stasi al tavolo di dialogo, ha suscitato preoccupazione nei territori più segnati dalla violenza e dalla stessa Chiesa colombiana, che assieme alle Nazioni Unite è presente come facilitatrice al tavolo dei negoziati. Da qui, il pressante appello per una proroga del provvedimento, come conferma al Sir mons. Héctor Fabio Henao, che rappresenta la Chiesa colombiana (Cec) nel dialogo tra Governo ed Eln: “La Conferenza episcopale e la Missione di verifica delle Nazioni Unite in Colombia hanno invitato il governo nazionale e l’Esercito di liberazione nazionale a proseguire i colloqui e a estendere il cessate-il-fuoco. A seguito di questo appello, c’è stato uno scambio di dichiarazioni pubbliche da parte di entrambe le parti per raggiungere un accordo. Sono state avanzate posizioni diverse e speriamo che siano in grado di superare le situazioni e gli ostacoli esistenti al momento e di rispondere così alle richieste delle comunità e delle regioni più colpite dal conflitto, che chiedono di continuare il processo e di generare aiuti umanitari in tutto il Paese”.
Un simile appello, attraverso Adn Celam, è stato lanciato da mons. Mario de Jesús Álvarez Gómez, vescovo della diocesi di Istmina – Tadó, situata nel Dipartimento di Chocó, per il quale “è urgente e necessario estendere il cessate il fuoco affinché le comunità sentano un senso di sollievo nei loro territori e si intraveda che la pace è vicina”. Il cessate-il-fuoco bilaterale è stato il più lungo mai concordato tra il Governo e il gruppo guerrigliero. Negli ultimi giorni, il dialogo si è incagliato sulla richiesta dell’Eln di essere rimosso dal Governo dalla lista dei Gruppi armati organizzati, per essere, invece, riconosciuto, come soggetto di carattere politico.

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