Ci sono indizi che il regime stia “fabbricando” dei verbali elettorali per soddisfare i suoi interessi. Ci sono prove che “i leader e i testimoni dei seggi elettorali dell’opposizione sono stati intimiditi per farli firmare”. Davanti a tali ulteriori tentativi di frode, si può, dunque, concludere che “tutte le barriere che potevano dare legittimità al regime sono state superate”. È la dura denuncia contenuta nella lettera intitolata “Una riflessione fraterna in comunione di fronte alla realtà nazionale”, firmata dai cardinali venezuelani Diego Padrón, arcivescovo emerito di Cumaná, e Baltazar Porras, amministratore apostolico di Caracas, di cui è stato arcivescovo fino a qualche settimana fa. I due porporati, dunque, sostengono che Nicolás Maduro sta cercando di guadagnare tempo per perpetrare i suoi brogli elettorali. Una presa di posizione che è stata diffusa nel momento in cui, nel fine settimana, i venezuelani tornavano in piazza per reclamare uno scrutinio elettorale veritiero e continuavano, nel contempo, repressione e arresti arbitrari. Tra le relazioni che avvalorano la tesi dei brogli elettorali e, di conseguenza, di una vittoria alle presidenziali di Edmundo González Urrutia, c’è anche il rapporto della Missione di osservazione elettorale della Colombia, oggi guidata da un governo di sinistra non pregiudizialmente avverso a Maduro.
Per i card. Porras e Padrón, “lo stesso presidente della Repubblica ha presentato un ricorso davanti alla Camera elettorale della Corte suprema di giustizia (Tsj), la sua massima istanza nazionale, ignorando l’autonomia del potere elettorale e chiedendo che sia la magistratura a risolvere il conflitto. Con questa azione, il governo, che controlla l’arbitro supremo, lo userà a suo vantaggio e con la discussione legale della questione “distrarrà”, guadagnerà tempo e, nel frattempo, cercherà di creare una nuova opinione pubblica, una storia o una narrazione favorevole alla sua non provata vittoria elettorale. Questa nuova fase è in pieno svolgimento”. “Sarà la lotta di Davide contro Golia”, la conclusione dei due cardinali.