“Per quanto riguarda i contenuti, si deve riconoscere che la letteratura è come ‘un telescopio’ –secondo la celebre immagine coniata da Proust – puntato su esseri e cose, indispensabile per mettere a fuoco ‘la grande distanza’ che il quotidiano scava tra la nostra percezione e l’insieme dell’esperienza umana”. La letteratura “serve, in poche parole, a fare efficacemente esperienza della vita”. Lo ha scritto Papa Francesco nella “Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione”, datata 17 luglio e resa nota ieri. E, in verità, “il nostro sguardo ordinario sul mondo è come ‘ridotto’ e limitato a causa della pressione che gli scopi operativi e immediati del nostro agire esercitano su di noi. Anche il servizio – cultuale, pastorale, caritativo – può diventare un imperativo che indirizza le nostre forze e la nostra attenzione solo sugli obiettivi da raggiungere”. Ma, come ricorda Gesù nella parabola del seminatore, ha evidenziato il Pontefice, “il seme ha bisogno di cadere in un terreno profondo per maturare fecondamente nel tempo, senza essere soffocato dalla superficialità o dalle spine (Mt13,18-23). Il rischio diventa così quello di cadere in un efficientismo che banalizza il discernimento, impoverisce la sensibilità e riduce la complessità”. È perciò, secondo il Santo Padre, “necessario ed urgente controbilanciare questa inevitabile accelerazione e semplificazione del nostro vivere quotidiano imparando a prendere le distanze da ciò che è immediato, a rallentare, a contemplare e ad ascoltare. Questo può accadere quando una persona si ferma gratuitamente a leggere un libro”.
Francesco ha aggiunto: “È necessario recuperare modi di rapportarsi alla realtà ospitali, non strategici, non direttamente finalizzati a un risultato, in cui sia possibile lasciar emergere l’eccedenza infinita dell’essere. Distanza, lentezza, libertà sono i caratteri di un approccio al reale che trova proprio nella letteratura una forma di espressione non certo esclusiva ma privilegiata. La letteratura diventa allora una palestra dove allenare lo sguardo a cercare ed esplorare la verità delle persone e delle situazioni come mistero, come cariche di un eccesso di senso, che può essere solo parzialmente manifestata in categorie, schemi esplicativi, in dinamiche lineari di causa-effetto, mezzo-fine”.
Il Papa ha offerto un’altra “bella immagine per dire il ruolo della letteratura” traendola dalla fisiologia dell’apparato umano ed in particolare dall’atto della digestione: “Qui il suo modello è dato dalla ruminatio della mucca, come affermavano il monaco dell’XI secolo Guillaume de Saint-Thierry e il gesuita del XVII secolo Jean-Joseph Surin. Quest’ultimo a sua volta parla di ‘stomaco dell’anima’ ed il gesuita Michel De Certeau ha indicato una vera e propria ‘fisiologia della lettura digestiva’. Ecco: la letteratura ci aiuta a dire la nostra presenza nel mondo, a ‘digerirla’ e assimilarla, cogliendo ciò che va oltre la superficie del vissuto; serve, dunque, a interpretare la vita, discernendone i significati e le tensioni fondamentali”.