“Lo spazio modellato dalla liturgia diventa esso stesso immagine. Non si può progettare una chiesa senza fare riferimento alla comunità, essa è luogo della presenza di Cristo (SC 7). L’arte e la liturgia hanno la peculiare vocazione di strutturare lo spazio senza il quale non sarebbe possibile alcuna azione liturgica, ‘lo spazio sacro deve essere architettura per celebrare così che non solo prevalga la pur importante dimensione funzionale, ma la funzionalità si deve armonizzare alla simbolicità: quei luoghi debbono essere icona di ciò che la Chiesa, soggetto, si trova a vivere in quel luogo'”. Lo ha detto ieri sera Marco Riso, ingegnere, intervenendo a Modena alla 74ª Settimana liturgica nazionale.
“I cristiani hanno fatto arte sin dalle loro origini, con l’arte hanno costantemente rappresentato la verità che professano e la bontà delle cose che vivono. Dall’origine a tutt’oggi in qualsiasi luogo e presso qualsiasi cultura hanno ripresentato in bellezza il messaggio che attingono dalle Scritture con rivelazione di raffinata estetica – ha affermato -. Essi hanno costantemente parlato con ogni espressione d’arte. In ogni parte del mondo dove hanno portato il Vangelo, hanno realizzato architettura d’ogni forma, scultura e pittura, musica e canto d’ogni ispirazione, opere e prodotti d’ogni stile e tecnica, offerti alle percezioni della sensibilità, ascolto visione e ogni altra percezione sensibile dell’uomo”.
Per il relatore, “la partecipazione attiva avviene anche nel silenzio della contemplazione e della risonanza. Etimologicamente nella parola ‘contemplare’ è contenuta la radice di ‘templum’. Tendiamo a pensare che contemplazione coincida con visione e ne abbiamo appiattito il contenuto semantico sull’immagine, invece la parola ha un significato attivo: è la capacità di cogliere il vuoto, è la facoltà di creare – anzi ristrutturare – uno spazio di silenzio intorno all’esistente, al visibile e al verbale, e quella capacità di guardare non solo quello che c’è, ma anche quello che non c’è. Se io guardo ciò che non vedo, contemplo lo spazio e l’arte nella sua interezza, guardo la relazione fra gli elementi materici e tutto quello che sta intorno a loro, possiamo parlare di ascolto spaziale”.
E ha concluso: “Possiamo elevare questo concetto di partecipazione attiva delle opere d’arte alla liturgia come participatio in sacris propria dell’arte alla celebrazione liturgica, partecipando alla grazia invitante che caratterizza la liturgia”.