“Abituarsi a fare il prete e a non essere prete, cercare consensi dalla gente, difendere la propria posizione e il proprio ruolo, considerarsi impiegati di posto fisso”. È questo, secondo mons. Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, il “pericolo più grande” che può correre un sacerdote. “Un prete diocesano è prete per tutta la diocesi e non solo per il proprio paese o città, ed è veramente libero e ama la Chiesa ogni qual volta, con inevitabile sofferenza, gli viene chiesto di servirla nella novità che diventa ricchezza per se stesso e per tutti i fedeli”, ha detto l’arcivescovo nell’omelia per l’ordinazione sacerdotale di don Davide Fusiello, avvenuta ieri: “Il prete non cerca un’abitazione dove stare”, ha spiegato mons. Caiazzo: “ha bisogno anche di quella, ma la sua abitazione vera non è un luogo nello spazio, bensì l’amore dove abitare e rimanere, per sentirsi, come Cristo, l’amato del Padre”. “In questo tempo così tribolato e insanguinato a causa soprattutto dei conflitti bellici tra cristiani ortodossi in Russia e Ucraina, tra credenti, se pur in modo diverso del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, tra Ebrei e Palestinesi, ciò che prevale è osservare delle leggi che poco hanno a che fare con il Dio di Gesù Cristo, che è amore”, la denuncia del presule. “Di questo Dio sei chiamato ad essere testimone con la vita ancor prima che con le parole”, la consegna per il neo sacerdote.