Settimana liturgica nazionale: p. Midili, “arte divenuta vita”

Ars celebrandi è la “Parola di Dio (proclamata) che ispira parole, gesti, segni, che la Chiesa compie per celebrare ‘una liturgia insieme seria, semplice e bella, che sia veicolo del mistero, rimanendo al tempo stesso intelligibile, capace di narrare la perenne alleanza di Dio con gli uomini’”. Lo ha ricordato ieri sera padre Giuseppe Midili, docente presso il Pontificio Istituto liturgico, intervenendo alla 74ª Settimana nazionale liturgica, in corso a Modena.
“L’ars, abilità dell’agire umano, si esprime nella celebrazione eucaristica – ha spiegato -. Ars assomma in sé una gran parte dei significati dal suo equivalente greco techné, che ha dato origine al termine tecnica, concetto ben distinto e diverso da arte e dai suoi derivati etimologici. Per comprendere cosa significhi il greco techné può essere utile considerare le differenze tra arte (greco: techné) e natura (greco: fusis). La techné è un saper fare che consiste nel portare all’esistenza”.
“Quale arte del celebrare eucaristico può esprimere il sublime?”, si è chiesto il relatore. “La vera arte – ha sostenuto – non è tale perché diverte, ricrea, soddisfa, ma perché ‘risveglia la sete del sostanziale, l’esigenza che non vi sia separazione, astratta separatezza tra sostanziale e materiale, tra sensibile e sovrasensibile, tra divino e umano e che la rappresentazione di questa unità possa darsi, che si possa dare e possa essere per noi qualcosa che ci soddisfa. Siamo di nuovo veramente all’impegno, all’istanza suprema dell’analitica del sublime’”.
Nell’ambito della liturgia, ha continuato padre Midili, riprendendo un pensiero di Romano Guardini, “la forma religiosa di espressione, si tratti di parole o gesti, di colori o oggetti, è sempre spogliata, fino a una certa misura, della sua particolarità individuale, intensificata, composta, elevata a una significazione universale”. Il Concilio di Trento spiegava che “la santa eucaristia ha in comunione con gli altri sacramenti che la sua forma visibile è il simbolo della cosa sacra e della grazia invisibile”, ha osservato il relatore, rifacendosi a Heinrich Denzinger.
Le “cose” eucaristiche “hanno valore in sé, indipendente dal valore che gli assegniamo”: “Non si tratta di costituire degli oggetti a partire da una soggettività trascendentale che li domina attraverso un’iniziativa di intenzionalità e se ne rassicura mediante la certezza di un riempimento intuitivo, ma di ricevere dei fenomeni che si mostrano a partire dall’intenzionalità di Dio in quanto si rivela in e a partire da se stesso, contro le nostre attese, le nostre previsioni, i nostri disegni secondo lo svelamento di un’intuizione ‘troppo”’(Mc 9,3) forte per le nostre capacità, la gloria stessa di Dio”, ha concluso padre Midali, riprendendo le parole di Jean-Luc Marion.

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