Occorre, dunque, “trovare un sano equilibrio tra ciò che è creato (il dono) e ciò che siamo chiamati a mettere in atto (nella celebrazione), di modo che la liturgia sia realmente l’incontro tra l’azione ‘creatrice’ e redentiva del Padre, in Cristo nello Spirito, e l’azione dispensatrice dei doni di grazia di Dio da parte della Chiesa”. Lo ha detto, stamattina, mons. Pierangelo Muroni (Pontificia Università urbaniana), intervenendo alla 74ª Settimana liturgica nazionale, in corso a Modena, sul tema “Per non tradire né Dio né il popolo: adattamento e creatività liturgica”.
“L’agire dell’orante nella celebrazione è subordinato al Mistero celebrato nella liturgia (cf. SC 2) – ha aggiunto -. L’azione liturgica non può e non deve essere indipendente, autoreferenziale o ‘avvitata’ attorno alla figura del ministro stesso, ma nelle scelte operate dalla comunità deve adattarsi a ciò che è il centro della celebrazione o, meglio, originare da esso, per contribuire a ‘svelare’ il Mistero, non a renderlo ‘fumoso’ o a ‘velarlo’, nel solco dell’anno liturgico da recuperare e ri-valorizzare. Ogni adattamento dovrebbe contribuire a generare ‘stupore’ nei confronti del Mistero (DD 26)”.
Per il relatore, dovremmo parlare di “adattamento liturgico” piuttosto che di “creatività liturgica”: “per non tradire né Dio”, che ha consegnato “il” dono di se stesso nei sacramenti della Chiesa; “né il popolo”, che ne è il destinatario. Certo, “incarnando, introducendo il dono stesso nella cultura e nei popoli destinatari e lasciando che questi contribuiscano ad arricchire la Chiesa, con la propria cultura e le proprie tradizioni, segni, simboli, canti che fanno parte del linguaggio umano. Adattamento e creatività non sono sinonimi”. Il termine “adattamento” ci ricolloca “nell’atteggiamento del desiderio e dei destinatari del dono e, a nostra volta, dei dispensatori di quanto ricevuto”. Se eventualmente si vuole parlare di “creatività”, in riferimento alla liturgia, “la Chiesa è chiamata ad esercitarla sui numerosi linguaggi coinvolti nell’agire liturgico. E si suggerisce di accompagnare questo termine con un altro: ‘svelamento’ per indicare il rapporto imprescindibile con il Mistero celebrato. Questa non è semplicemente una questione terminologica ma spesso sta alla base di un fraintendimento che nelle celebrazioni ci porta alla ricerca di una ‘liturgia a la carte!’”.
Infine, mons. Muroni ha presentato un Decalogo per un opportuno adattamento della liturgia: “Uscire da una considerazione della liturgia come ‘proprietà privata’. Scegliere la ‘porta stretta’ della mistagogia nel solco dell’anno liturgico. No alla tentazione di una continua ‘ri-creazione’ del linguaggio rituale. Un ‘programma rituale’ che diventi il ‘programma del rituale’. Formazione ‘ai’ libri liturgici e ‘dai’ libri liturgici. Curare tutti i linguaggi della liturgia. Fare attenzione alle liturgie e al linguaggio ‘settorializzati’. Evitare ‘trapianti’ da altre culture e qualsiasi genere di ‘folclorismo’. Questione emergente: da ‘liturgie multiculturali’ a ‘liturgie interculturali’. Impegno delle Conferenze episcopali nel continuare l’adattamento liturgico”.