“La liturgia è, per natura propria, una realtà dinamica in quanto si fonda su un’esperienza sacramentale teandrica; un’esperienza, cioè, dove il divino e l’umano si incontrano coinvolgendo espressione rituale e dimensione antropologica e dove gioca un ruolo di primo piano la cultura e i linguaggi dell’uomo”. Lo ha detto, stamattina, mons. Pierangelo Muroni (Pontificia Università urbaniana), intervenendo alla 74ª Settimana liturgica nazionale, in corso a Modena, sul tema “Per non tradire né Dio né il popolo: adattamento e creatività liturgica”. La liturgia ha in sé, perciò, “un’anima che è assoluta e trascendente e, perciò, metaculturale; ma al tempo stesso essa è espressione umana, immanente alla cultura che è, invece, mobile e polimorfa. Si innesta qui il tema dell’adattamento liturgico”. Nelle comunità, “siamo chiamati a ‘adattare’ la celebrazione creando un sano equilibrio e un giusto rapporto tra identità propria del rito e possibilità di adattamento, appunto, prevista dai libri liturgici, evitando una ‘creatività liturgica’ (espressione spesso travisata e foriera di differenti interpretazioni), intesa come ‘una fantasiosa – a volte selvaggia – creatività senza regole’ (Desiderio Desideravi 48), sintomo di una visione e attuazione distorte della celebrazione stessa”.
Il fine principale dell’adattamento è “il bonum animarum, ossia la partecipazione del popolo di Dio attiva, cosciente e fruttuosa e la disposizione dello stesso ad entrare profondamente nella celebrazione e fare in modo che questa possa penetrare e lasciare il segno nella sua vita”; ogni adattamento “deve essere preparato e studiato a fondo: dal presbitero insieme al gruppo liturgico; richiede diverse competenze e collaborazioni, non solo quella del presbitero”.
La Lettera apostolica “Desiderio Desideravi” di Papa Francesco usa il termine “creatività”, in riferimento alla liturgia, due volte e con una accezione negativa. “Nella liturgia sono due gli attori che intervengono: Cristo e la Chiesa – ha evidenziato mons. Muroni -. Intendere la liturgia nella ‘dinamica del dono’ (Opus Dei) fatto da Dio alla sua Chiesa, per evitare qualsiasi autoreferenzialità o ‘possesso’; la Chiesa che riceve il dono, a sua volta, attraverso i suoi ministri lo dispensa (Opus Ecclesiae). Il termine ‘adattamento’ aiuta a intendere la liturgia come dono che ci anticipa e ci precede e che viene consegnato alla Chiesa perché possa declinarlo e divenirne canale rivelatore sia nella realtà sia nella cultura che abitiamo. L’opera è di un ‘Altro’ e a noi viene chiesto di farla nostra e dispensarla”. La Chiesa, perciò, “viene associata a Cristo”; “non è lei l’attore principale ma viene coinvolta nell’opera della redenzione dal ‘Creatore’, per Cristo nello Spirito”. Il termine “creatività” rischia di farci uscire dalla “dinamica della ricezione del dono”, in quanto indicherebbe colui che celebra quale soggetto creatore, “attore” e “proprietario” del “dono”. È l’idea che spesso sta all’origine del concetto di “creatività liturgica” o anche “animazione liturgica”.