“Siamo una comunità cristiana palestinese, le difficoltà che affrontiamo non sono perché siamo cristiani, ma perché siamo palestinesi. Pertanto, ci troviamo di fronte alle stesse ostilità generali che stanno affrontando i palestinesi. La violenza israeliana in altre città e villaggi palestinesi è più grave che nella nostra zona. Lo scorso 24 ottobre i coloni israeliani hanno invaso i nostri oliveti durante la stagione della raccolta. Hanno demolito molte cose, commesso violenze contro alcuni dei nostri abitanti, costringendoli alle cure in ospedale. Hanno anche rubato le olive e gli attrezzi che usiamo per la raccolta”. Così il parroco di Taybeh, l’antica Efraim, padre Bashar Fawadleh, racconta all’agenzia catalana di informazione cristiana “Flama”, come vivono, dopo il 7 ottobre, gli abitanti di questo villaggio (1245, ndr.) – situato al centro della Cisgiordania, circondato da villaggi musulmani e a circa 30 chilometri da Gerusalemme – composto totalmente da cristiani.
Villaggio famoso anche per la produzione di birra locale, la “Taybeh” appunto. Una data che è, afferma, “un punto di svolta per tutti nella regione. Non è solo Gaza. Gaza fa parte del conflitto israelo-palestinese, iniziato nel 1948 e anche prima, e non si è mai concluso con alcun tipo di accordo. Pertanto, la guerra a Gaza significa guerra ovunque per tutti i palestinesi. Guerra contro tutti i cristiani palestinesi, così come contro tutti i palestinesi. Siamo nati, viviamo, in una situazione permanente di guerra. Questa volta, spero che sarà un punto di svolta, se ancora una volta richiamerà l’attenzione del mondo su tutta la situazione e le ostilità tra Israele e il popolo palestinese, raggiungerà accordi veri, sinceri e definitivi e darà inizio a una pace giusta per tutti”. Da una chiara prospettiva di pace, spiega il parroco, “dipenderà in futuro la presenza cristiana” che è strettamente legata a quella palestinese. I cristiani di Terra Santa soffriranno con coloro che soffrono, noi sopravviveremo con coloro che sopravvivono. Saremo sempre presenti nel nostro popolo, sia che sia oppresso o che goda dei suoi diritti”. L’attenzione dei media al conflitto israelo-palestinese, secondo padre Fawadleh, è relativa al fatto che “Israele ha il sostegno degli Stati Uniti e dell’Europa. La presenza di Israele nella regione qui è un progetto occidentale”. Da qui la convinzione che “il vero aiuto che si può dare alle comunità cristiane di Terra Santa è politico: la costruzione della pace e della giustizia. Se volete aiutare i cristiani, aiutate tutta la regione ad avere giustizia e pace, poiché siamo parte dei popoli di questa regione. La politica degli Stati Uniti e dei Paesi occidentali, che rende Israele più forte in guerra, non è un vero aiuto per Israele, perché quello che sta facendo lo sta rendendo di più un nemico nella regione. La sua politica nella nostra regione è la demolizione di tutti, cristiani e non cristiani. Ci rendono tutti nemici. Noi e la politica occidentale – conclude – dobbiamo cambiare. Israele non può sopravvivere a spese degli altri popoli della regione, soprattutto a spese del popolo palestinese. La salvezza per tutti, per Israele, per la regione, per i cristiani della Palestina sul male degli uomini. La storia umana è una storia di guerre, quindi ora è la nostra storia, qui. Dobbiamo ancora dire ai nostri oppressori: non hanno il diritto di opprimerci. Voi godrete della vostra libertà, quando anche noi godremo della nostra piena libertà”.