Resta tesa e incerta la situazione in Venezuela, in seguito al contestato esito delle elezioni presidenziali e alla repressione, ogni giorno più forte, delle proteste popolari “Solo dialogo e partecipazione attiva e piena di tutti gli attori politici” potranno far superare la difficile fase in atto nel Venezuela, testimoniandone “la convivenza democratica”, l’appello della Santa Sede, attraverso mons. Juan Antonio Cruz Serrano, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione degli Stati Americani (Osa). Sempre ieri, l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri, Josep Borrell, ha invitato i Governi dell’America Latina a unire “le proprie posizioni e le proprie forze” per chiedere un’analisi indipendente dei registri elettorali delle elezioni presidenziali in Venezuela, al fine di chiarire i risultati, messi in discussione dall’opposizione. E, proprio sul fronte latinoamericano, si registra la presa di posizione congiunta di tre importanti Paesi guidati da Esecutivi progressisti, Brasile, Messico e Colombia, proprio con la richiesta di una verifica del risultato elettorale. Ma dal Venezuela, arrivano notizie preoccupanti. “La repressione nei confronti dei settori popolari e la persecuzione e l’incarcerazione dei leader comunitari attraverso la delazione sono diventate frequenti, segno di un controllo molto rigido – denuncia al Sir una voce confidenziale che giunge da Caracas -. La strategia del regime è, al momento, caratterizzata dall’uso di denunce, dalla cosiddetta ‘intelligence sociale’, come la chiama il Governo, dalla repressione violenta nelle comunità popolari, sia prelevando selettivamente le persone dalle loro case o facendo retate alla ricerca di persone con nomi e cognomi”. Ancora, “i colectivos (gruppi paramilitari) hanno attraversato i locali commerciali dei settori popolari, obbligando i negozi ad aprire, così come i lavoratori dei trasporti, sotto minaccia, perché ‘tutto è tornato alla normalità’. Chi non apre i negozi o non lavora viene minacciato come complice o vittime di estorsioni. L’obiettivo della coalizione di governo è far sembrare che il Paese sia tornato alla normalità”. Voci, in qualche modo, confermate dai numeri che vengono forniti dall’ong Covavic, che in un primo rapporto sulle violazioni dei diritti umani commesse a partire da domenica scorsa, denunciano più di 1.200 arresti, 14 esecuzioni extragiudiziali, 168 detenzioni arbitrarie, 104 lesioni personali, 31 attacchi allo spazio civico e 16 sparizioni forzate.