Commercio di armi: Amnesty International, “violazione del Trattato causa una devastante perdita di vite umane”

“Alcuni dei più grandi esportatori di armi stanno continuando a violare apertamente le norme del Trattato sul commercio di armi, mediante trasferimenti illegali che causano una devastante perdita di vite umane nelle zone di conflitto come i Territori palestinesi occupati (in particolare la Striscia di Gaza occupata), il Sudan e Myanmar”. Lo dichiara oggi Amnesty International, in occasione dell’apertura della decima conferenza degli stati parte del Trattato sul commercio di armi, entrato ufficialmente in vigore nel dicembre 2014.
In questi dieci anni, viene ricordato in una nota, “l’organizzazione per i diritti umani ha denunciato i trasferimenti di armi che hanno causato gravi violazioni dei diritti umani aggirando le rigide e vincolanti regole sui trasferimenti internazionali di armi contenute nel Trattato”. “Il 2 aprile 2013 – rammenta Amnesty – 155 Stati votarono a favore della sua istituzione. Oggi, il Trattato ha 115 Stati parte e altri 27 Stati firmatari. Del numero totale fanno parte i dieci principali esportatori di armi (responsabili del 90 per cento dei commerci globali), con l’eccezione della Russia”.
“Il Trattato – ha dichiarato Patrick Wilcken, ricercatore di Amnesty International su trasferimenti di equipaggiamento militare, di sicurezza e di polizia – è stato il primo del genere a istituire standard globali per regolamentare il commercio internazionale di armi e munizioni, legando espressamente i trasferimenti al diritto internazionale dei diritti umani e al diritto internazionale umanitario”. “Nonostante i passi avanti, numerosi governi – ha ammonito – continuano a violare clamorosamente le regole del Trattato, causando un’enorme perdita di vite umane nelle zone di conflitto. È giunto il momento che gli stati parte rispettino i loro obblighi giuridici e attuino integralmente il Trattato, in modo da impedire i flussi di armi verso stati conosciuti per poterle usare per compiere genocidi, crimini di guerra e crimini contro l’umanità così come di armi che potrebbero essere usate per commettere o facilitare gravi violazioni del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario”.
“Amnesty International – ha spiegato Wilcken – chiede da tempo un embargo complessivo sulle armi destinate sia a Israele che ai gruppi amati palestinesi a causa della lunga serie di gravi violazioni del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, crimini di guerra compresi, che hanno avuto un impatto terribile sui civili, donne e bambini inclusi”. Amnesty ha documentato l’uso di munizioni prodotte dagli Usa in numerosi attacchi illegali delle forze israeliane, come le Joint Direct Attack Munition (Jdam, munizioni guidate di precisione) in due attacchi illegali nella Striscia di Gaza occupata che, il 10 e il 22 ottobre 2023, hanno ucciso 43 civili: 19 bambine e bambini, 14 donne e 10 uomini. Una bomba Gbu 39 di piccolo diametro, fabbricata dall’azienda statunitense Boeing, è stata usata nel gennaio 2024 in un attacco israeliano contro l’abitazione di una famiglia a Rafah che ha causato la morte di 18 civili: 10 bambine e bambini, quattro donne e quattro uomini. Vengono denunciati anche trasferimenti illegali di armi in Sudan mentre il Myanmar ha importato armi per un valore di almeno un miliardo di dollari.
Dai primi anni Novanta, Amnesty International, insieme ad altre Ong, ha intrapreso una campagna – cui via via ha aderito oltre un milione di persone – per chiedere norme rigorose e giuridicamente vincolanti sui trasferimenti internazionali di armi. “Innumerevoli vite umane sono state perse a causa di queste armi pericolose. Gli Stati parte e gli Stati firmatati del Trattato non possono più venir meno ai loro obblighi. Nell’approssimarsi del decimo anniversario del Trattato, essi devono rispettarlo per davvero e ridurre le sofferenze umane. Devono farlo ora”, ha concluso Wilcken.

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