“Di fronte alla legge n. 32107, che modifica l’applicazione e la portata del crimine contro l’umanità e dei crimini di guerra nella legislazione peruviana, desideriamo esprimere il nostro profondo sconcerto e disappunto, perché ancora una volta, con questa decisione, il rispetto per la vita e la difesa della giustizia vengono sacrificati, causando un danno irreparabile alle vittime della violenza, alle famiglie colpite e a tutti noi che ci aspettiamo che le nostre autorità lavorino per il bene comune, soprattutto per i più vulnerabili, all’interno di uno Stato di diritto”. È il duro giudizio della Conferenza episcopale peruviana, in una nota, pervenuta al Sir, dedicata alla recente approvazione della discussa legge, il cui contenuto, secondo i vescovi, “è inaccettabile perché mette a serio rischio l’applicazione di una vera giustizia, così come la responsabilità per i danni causati e il risarcimento delle vittime e delle loro famiglie per le gravi violazioni dei diritti umani. Il Perù non può – e non deve – contraddire o deviare dai trattati internazionali sui diritti umani firmati e ratificati nell’esercizio della sua sovranità”.
La legge impedisce, tra l’altro, di perseguire i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra commessi prima del 1° luglio 2002, rafforzando l’impunità di coloro che hanno commesso crimini atroci, in contrasto con gli standard internazionali che richiedono responsabilità a prescindere dal tempo trascorso.
Per questi motivi, “il Consiglio permanente della Conferenza episcopale peruviana rivolge un appello urgente alle nostre autorità, ai vari organismi responsabili dello Stato di diritto in Perù e alla società civile organizzata affinché utilizzino i meccanismi costituzionali per cercare di ottenere al più presto la nullità di questa legge, garantendo alle vittime di tutti i crimini e gli omicidi commessi nel nostro Paese l’accesso alla giustizia e la corrispondente riparazione a cui hanno diritto e che lo Stato peruviano ha l’obbligo di garantire”.