Afghanistan: Amnesty, “tre anni di talebani e di mancanza d’azione della comunità internazionale hanno lasciato poca speranza alla popolazione”

“La comunità afghana è alle prese con tre anni di frustrazioni ignorate mentre le autorità di fatto talebane compiono violazioni dei diritti umani e crimini di diritto internazionale, soprattutto contro le donne e le bambine, nell’assoluta impunità”. È la denuncia di Amnesty international, a tre anni dalla salita al potere dei talebani in Afghanistan. Consultando oltre 140 tra difensori e difensore dei diritti umani, personalità accademiche, donne attiviste e coinvolte nelle manifestazioni, persone giovani e, infine, rappresentanti della società civile e dell’informazione. “Abbiamo parlato con persone che rappresentano settori diversi della società afgana in tutto il mondo, convinte in larghissima parte che la comunità internazionale abbia abbandonato la popolazione dell’Afghanistan: non solo non ha chiamato i talebani a rispondere delle violazioni e dei crimini commessi ma non ha neanche saputo trovare una direzione strategica per impedire ulteriormente tutto questo”, ha dichiarato Samira Hamidi, campaigner di Amnesty International per l’Asia meridionale. “Tre anni dopo, la totale assenza di qualsiasi misura concreta per affrontare la catastrofe dei diritti umani in Afghanistan è fonte di vergogna per il mondo”, ha aggiunto. Oltre 20 difensore dei diritti umani residenti in 21 province dell’Afghanistan hanno detto ad Amnesty di aver perso autonomia in ogni aspetto della loro vita. In precedenza, svolgevano attività professionali nel campo legale, politico, giornalistico, educativo e sportivo. Dopo tre anni di dominio dei talebani, la loro sensazione è di essere delle “non persone”, con limitate opportunità di lavorare e di dare il proprio contributo in ambito economico o culturale.
I talebani negano le accuse di persecuzione di genere sostenendo che stanno rispettando la shariah (le leggi islamiche) e “la cultura afghana”. I decreti e le politiche di tipo repressivo e limitativo che erano stati adottati ufficialmente come misure temporanee per assicurare l’incolumità delle persone, soprattutto delle bambine e delle donne, dopo tre anni sono ancora in vigore.
“Ci avevano detto che i talebani erano cambiati, che non dovevamo compromettere gli sforzi di pace, che il mondo sarebbe stato dalla nostra parte. Ma oggi viviamo sole con le nostre miserie”, ha detto Nazifa, un’insegnante della provincia di Mazar-e-sharif. Il sistema di giustizia formale dell’Afghanistan è crollato col ritorno al potere dei talebani. Nel novembre 2022 il loro leader supremo ha emesso un ordine vincolante sulla totale applicazione delle leggi della shariah.
La società civile afgana è vista come una nemica dai talebani. Coloro che protestano subiscono sparizioni forzate, arresti arbitrari, imprigionamenti, maltrattamenti e torture. Molte persone sono costrette a lasciare il Paese per timore di ritorsioni, lasciandosi alle spalle famiglia e lavoro. Centinaia sono bloccate in Iran, Pakistan e Turchia, alle prese con problemi legali ed economici e persino a rischio di rimpatrio forzato.
I difensori e le difensore dei diritti umani che hanno parlato con Amnesty International sostengono che la gravità della crisi dei diritti umani in Afghanistan è in parte sottovalutata a causa della retorica e della propaganda dei talebani che descrivono un paese “più sicuro” e con un’economia in crescita, dove alla popolazione sono accordati rispetto e dignità secondo la shariah e la cultura locale. In realtà, “i talebani hanno creato un ambiente di paura e di controllo assoluto”. “È necessario che tutti coloro che si occupano di Afghanistan si coordinino e trovino piattaforme sicure e innovative per elaborare soluzioni efficaci e di lungo termine”, ha concluso Hamidi.

 

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