“L’intensificarsi dei combattimenti a El Fasher, nel Darfur settentrionale, sta avendo un impatto sempre più devastante sulla vita dei civili”: è quanto denuncia Medici senza frontiere (Msf) i cui team operano in circa 30 strutture sanitarie in 8 Stati del Sudan.
Nell’ultima settimana si sono verificati molteplici attacchi nella città di El Fasher: da sabato scorso almeno 15 persone sono state uccise e più di 130 sono state ferite. Domenica l’ospedale saudita, supportato da Msf, è stato danneggiato pesantemente da un nuovo attacco, il quinto dal maggio scorso e l’undicesimo contro una struttura sanitaria in città, che ha causato una diminuzione delle attività. Si tratta tra l’altro dell’ultimo ospedale in città in grado di curare i feriti e di eseguire interventi chirurgici. Più di 100 persone sono arrivate nella struttura quel giorno e 14 sono decedute per le ferite riportate. 15 feriti sono stati invece trasferiti da El Fasher alle strutture di Msf nel campo di Zamzam.
“Da più di 3 mesi, la popolazione di El Fasher è sottoposta a continui bombardamenti per mano di entrambe le parti in conflitto. Solo negli ospedali supportati da Msf abbiamo contato 2.500 feriti, in 370 sono deceduti per le ferite riportate. Il numero totale delle vittime del conflitto è sconosciuto”, afferma Michel Olivier Lacharité, responsabile delle operazioni di emergenza di Msf. “L’attacco di domenica all’ospedale saudita dimostra chiaramente che le parti in conflitto non stanno facendo alcuno sforzo per proteggere le strutture sanitarie o i civili al loro interno. I pazienti temono per la loro vita a causa degli attacchi incessanti”.
“Le persone si stanno trasferendo nel campo di Zamzam per sfuggire dai combattimenti a El Fasher, ma anche chi si trova in questo sito per sfollati teme per la propria vita. Zamzam è stata colpita da un bombardamento solo una settimana fa e c’è il timore concreto che possa accadere di nuovo. Ci stiamo preparando a ricevere nuovi pazienti, soprattutto perché i combattimenti a El Fasher impediscono alle persone di raggiungere facilmente l’ospedale saudita. Tuttavia, il nostro ospedale da campo a Zamzam è stato costruito per curare bambini malnutriti e altre patologie pediatriche, al momento non è dunque attrezzato per curare feriti. Non c’è una sala operatoria né una banca del sangue, il che significa che la nostra équipe sarà sottoposta a una pressione eccezionale se le vittime continueranno ad arrivare. Inoltre, le persone nel campo stanno già affrontando problemi che mettono a rischio la loro stessa vita”, aggiunge Lacharité.
Conclude Lacharité: “Esortiamo le parti in conflitto a lasciar passare le forniture umanitarie e a proteggere i civili e le strutture sanitarie. L’ospedale saudita è l’ultima struttura sanitaria pubblica rimasta nel Nord Darfur in grado di curare efficacemente i feriti. Se questo ospedale, o le nostre strutture a Zamzam, verranno nuovamente colpite e diventeranno inutilizzabili, i feriti non avranno più un posto dove curarsi e il bilancio delle vittime salirà pesantemente”.