Martiri di Otranto: mons. Neri (arcivescovo), “ci insegnano la preziosità della fede in Cristo, unico nome nel quale c’è salvezza”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Martiri perché cristiani”, “martiri perché cittadini”, “martiri perché operatori di pace”: così l’arcivescovo di Otranto, mons. Francesco Neri, ha spiegato oggi come i martiri di Otranto siano “nostri contemporanei”, nell’omelia della messa per la loro festa: “A distanza di tanti anni dal loro sacrificio, la lezione dei nostri santi martiri idruntini conserva integra la propria attualità”.
“Martiri perché cristiani”: il “primo insegnamento” che Antonio Primaldo e i suoi compagni ci impartiscono è “la preziosità della fede in Cristo, unico nome nel quale c’è salvezza, che ha al suo centro la Croce come via per la Risurrezione”. “Persone autorevoli – ha osservato l’arcivescovo – affermano che il pericolo del cristianesimo contemporaneo è di diventare un cristianesimo senza Cristo, quando cioè nel rapporto con i nostri contemporanei condividiamo l’impegno della solidarietà o il valore della salvaguardia del creato, ma senza mai arrivare all’annuncio di Gesù, sulla cui persona l’impegno e i valori si fondano. O c’è il pericolo di presentare un Gesù senza Croce, sublime modello di umanità, maestro di spiritualità e di un’etica fraterna, ma vergognandosi della sua via, che è stata quella dell’amore nella forma del sacrificio, del dono totale di sé fino alla morte e a una morte di croce”.
Ora, “chi vuol seguire il Signore Gesù – ha precisato il presule – deve farlo rinunciando a se stesso e prendendo ogni giorno la propria croce, cioè facendo propria la scelta di Gesù di rimanere nell’amore sino alla fine, pagando qualunque prezzo, anche quello della vita”. E “tale è stata la scelta dei martiri idruntini. Di fronte all’alternativa tra salvare la vita, rinnegando il Vangelo, o rimanere cristiano e morire, la scelta di Antonio Primaldo – secondo le antiche cronache – è stata: ‘Credere tutti in Gesù Cristo, figlio di Dio, ed essere pronti a morire mille volte per lui'”.
Nel secolo trascorso e in quello in cui ci troviamo, ha ricordato mons. Neri, “i martiri sono più numerosi che in qualunque altro periodo della storia cristiana. Durante il Giubileo del 2000, nel Colosseo, Giovanni Paolo II guidò una commemorazione dei testimoni della fede del secolo XX; e in vista del Giubileo del 2025 Papa Francesco ha istituito una Commissione per redigere il catalogo dei nuovi martiri, di qualunque Chiesa e confessione cristiana, uccisi solo perché di Cristo. Gli imperi, le dittature, le ideologie si scagliano sui discepoli di Gesù fin dalla nascita della Chiesa. Voglio ricordare, dall’altra parte del mare, a poca distanza da noi, i trentotto martiri dell’Albania, canonizzati nel 2016, due vescovi, numerosi sacerdoti e religiosi, un seminarista e alcuni laici, i quali preferirono subire il carcere, le torture e infine la morte, pur di rimanere fedeli a Cristo e alla Chiesa. Il pensiero va altresì al mio predecessore l’arcivescovo Gaetano Pollio, che da arcivescovo di Kaifeng, in Cina, fu arrestato e costretto ai lavori forzati. E quanto ad oggi, raccogliamo l’invito a pregare per la Chiesa perseguitata in Nicaragua”.

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