Prendendo posizione sulle proteste post-elettorali in Venezuela e sull’uso sproporzionato della forza nei confronti di coloro che protestano da parte delle forze di sicurezza, 11 organizzazioni non governative per i diritti umani (tra cui Amnesty international) hanno chiesto “il rispetto dei diritti alle libertà di espressione, di riunione e di protesta pacifica, la fine della criminalizzazione delle proteste e il rispetto delle norme e degli standard internazionali sull’uso della forza”. Le manifestazioni sono iniziate dopo l’esito delle elezioni presidenziali del 28 luglio, sulla cui trasparenza la comunità internazionale ha espresso forti dubbi. Il Centro Carter, una delle due missioni tecniche internazionali di osservatori invitate e accreditate dal Consiglio nazionale elettorale venezuelano, ha dichiarato che “le elezioni presidenziali del 2024 non sono state in linea con gli standard internazionali in materia di integrità delle elezioni e non possono essere considerate democratiche”. Le autorità statali e le forze di sicurezza devono rispettare il diritto di protesta, la cui tutela è un elemento essenziale delle democrazie, uno storico strumento per rivendicare i diritti e anche un modo con cui i cittadini e le cittadine partecipano al confronto su temi di interesse pubblico. Le autorità devono anche evitare di ricorrere a discorsi che incoraggino e incitino alla violenza contro le persone che vogliono esercitare il loro legittimo diritto a prendere parte a proteste pacifiche e che stigmatizzino le organizzazioni della società civile.
Le organizzazioni venezuelane hanno sin qui registrato almeno 11 morti e hanno identificato l’uso di armi letali da parte di sospetti civili armati legati alle forze di sicurezza. Le 11 organizzazioni firmatarie di questa dichiarazione condannano l’uso di tali munizioni e ricordano che “in nessun caso la forza letale può essere impiegata per controllare le proteste. La privazione del diritto alla vita in un contesto in cui l’uso della forza da parte dello stato è arbitraria è equiparabile, in alcuni casi, a un’esecuzione extragiudiziale. Questi episodi devono essere indagati immediatamente e in modo indipendente e imparziale”. Il periodo pre e post-elettorale in Venezuela è stato segnato dalla repressione e da molteplici violazioni dei diritti umani, tra cui una serie di incarcerazioni per motivi politici, uccisioni potenzialmente illegali, limitazioni alla libertà di stampa e chiusure dell’accesso a Internet. Dopo il 28 luglio le organizzazioni nazionali hanno denunciato centinaia di arresti arbitrari e continuano a ricevere informazioni su nuovi arresti, in un contesto che risulta particolarmente ostile per chi intende documentare le violazioni dei diritti umani. L’accesso a Internet, le cui chiusure sono state documentate nel contesto delle elezioni, è intimamente legato al diritto di protesta poiché consente di denunciare le violazioni dei diritti umani, comunicare in tempo reale e organizzarsi in modo pacifico. Le 11 organizzazioni chiedono alla comunità internazionale di “sollecitare il rispetto dei diritti civili e politici della popolazione venezuelana e invitano i meccanismi di giustizia internazionale a restare in allerta rispetto a possibili gravi violazioni dei diritti umani nel contesto delle proteste iniziate il 28 luglio e a trasmettere documentazione su tali crimini internazionali alla Missione di accertamento dei fatti delle Nazioni Unite e alla Corte penale internazionale”. Le 11 organizzazioni non governative sono Amnesty International, Center for Justice and International Law, Civicus International Commission of Jurists, Freedom House, Global Centre for the Responsibility to Protect, International Institute on Race, Equality and Human Rights, International Rehabilitation Council for Torture Victims, Washington Office on Latin America, World Organization Against Torture e Robert F. Kennedy Human Rights.