“Rivisitare la dinamica che unisce sinodalità, collegialità e primato, perché possa innervare i rapporti tra le istituzioni attraverso cui trova concreta espressione”. Lo propone l’Instrumentum laboris, che rilancia la prospettiva della “salutare decentralizzazione” nell’esercizio del ministero petrino, sollecitata a Papa Francesco e richiesta da molte Conferenza episcopali. “Il vescovo di Roma, in quanto principio visibile di unità della Chiesa tutta, è il garante della sinodalità”, si ricorda nel testo, ma la Costituzione apostolica Praedicate Evangelium suggerisce “di lasciare alla competenza dei pastori la facoltà di risolvere nell’esercizio del loro proprio compito di maestri e di pastori le questioni che conoscono bene e che non toccano l’unità di dottrina, di disciplina e di comunione della Chiesa”. La Praedicate Evangelium ha inoltre configurato “in senso sinodale e missionario il servizio che la Curia Romana presta al Vescovo di Roma e al Collegio dei vescovi”: “Nella logica della trasparenza e del rendiconto, andranno previste forme di valutazione periodica del suo operato, affidate a un organo indipendente”, quale potrebbe essere il Consiglio dei cardinali o un consiglio di vescovi eletto dal Sinodo. Al ruolo dei rappresentanti pontifici in prospettiva sinodale missionaria e alle modalità di valutazione del loro operato è dedicato il Gruppo di studio n. 8. La questione del primato petrino può essere affrontata anche sul piano ecumenico, affinché possa aprirsi “a una situazione nuova” che porti a “immaginare pratiche sinodali autenticamente ecumeniche, fino a forme di consultazione e discernimento su questioni di interesse condiviso e urgente”.