(Trieste) “C’è gioia perché, dopo 32 anni da quando era venuto Giovanni Paolo II, ritorna a Trieste un Pontefice a celebrare nello stesso luogo, piazza Unità d’Italia; una piazza che è un simbolo, macchiata della storia, ma che invece vuole diventare una piazza di fraternità, che abbraccia tutti. E che domani sarà idealmente aperta a tutti. In realtà, purtroppo, alcune persone hanno fatto la richiesta ma essendo già tutta piena non potranno entrare perché non ci sono più posti”. Lo ha affermato questo pomeriggio mons. Enrico Trevisi, vescovo di Trieste, incontrando i giornalisti al GCC – Generali Convention Center alla vigilia della visita di Papa Francesco che domani sarà in città per concludere la 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia.
Piazza Unità d’Italia domani sarà il luogo “in cui ci si incontra e si coglie che si è fratelli, figli dello stesso Padre. E si coglie che non sarà soltanto una celebrazione ma vorrebbe essere una vita che si spende sempre, non solo ogni 32 anni ma tutti i giorni”. “Questa – ha spiegato – è la nostra bella idea di Chiesa che domani con Papa Francesco vogliamo esprimere: una fraternità che ci porta su tantissimi fronti, non solo quello della questione della rotta balcanica, sui quali siamo impegnati per una fraternità da rilanciare”. “La venuta del Papa e questa Settimana sociale nella quale il punto di riferimento è sempre stato la ‘Fratelli Tutti’ ci sollecita non solo a celebrare ma anche a raccogliere un mandato da viversi continuamente”.
Il vescovo ha annunciato la presenza di “alcuni vescovi della Slovenia, di un vescovo ortodosso proveniente dall’Austria”. Perché – ha spiegato – c’è anche dimensione Trieste multireligiosa e il Papa domani incontrerà alcuni rappresentanti delle diverse comunità: “La cogliamo come una sollecitazione a passare da un dato di fatto storico, da un’ottima relazione tra le diverse guide religiose, da un vanto per la città e che si esprime in alcune celebrazioni nell’anno ad interrogarci come se fosse un po’ una profezia, un impegno un rimando per l’Italia intera” chiamata a chiedersi “qual è il futuro che prospettiamo in un mondo litigioso, aggressivo, competitivo, violento, in cui ci si fa la guerra”. Rispetto a 32 anni fa, ha raccontato mons. Trevisi, in città “c’è una serenità, una gioia condivisa che è decisamente maggiore e pervasiva”. “Alcune tensioni si sono allentate”, il clima è caratterizzato da “dialogo, stima reciproca”; su questa strada “bisognerà continuare e vigilare giorno per giorno”. Il vescovo ha anche anticipato che i detenuti hanno contribuito realizzando “i due mosaici che saranno alla base dell’altare e dell’ambone. I carcerati non potranno venire in pazza ma hanno voluto che qualcosa di loro fosse presente nella liturgia, nella fraternità”.