Settimana sociale: Pelligra (Un. Cagliari), “non si può essere felici da soli, il nostro benessere è necessariamente interdipendente dagli altri”

Trieste, 5 luglio 2024. 50 edizione delle Settimane sociali dei cattolici italiani, organizzato dalla Conferenza.

(Trieste) “Non si può essere felici da soli, il nostro benessere è necessariamente interdipendente dagli altri, lo abbiamo sperimentato tutti drammaticamente negli anni della pandemia così come ci siamo resi conto di quanto siamo interconnessi”. Lo ha affermato oggi pomeriggio Vittorio Pelligra, docente di Politica economica all’Università di Cagliari, nel suo intervento alla Piazza della democrazia dedicata a “Economia civile: un nuovo modello di sviluppo” nell’ambito della 50ª edizione in svolgimento a Trieste.
“L’economia civile – ha spiegato il docente – è uno sguardo che si ha sulla dimensione dell’agire economico, è una sensibilità. Poi è anche una storia, una disciplina, una tradizione”. “È la scienza della pubblica felicità”, ha proseguito, notando che nell’allargamento dello sguardo “certo c’è la ricerca dell’interesse personale, ma c’è anche la capacità di donare, c’è la gratuità, c’è la reciprocità, c’è la capacità di donarsi, di essere affidabili, c’è il fatto che non piacciono le disuguaglianze”. “Mettere insieme queste dimensioni ha degli effetti di policy che sono importanti”. “A noi – ha continuato – non interessa sostituire l’attuale sistema economico, ma arricchirlo”. E il lavoro è tanto, anche perché “se ne parla pochissimo nelle università” dove si viene formati da “figli e sudditi di un paradigma, un meccanismo che si auto-perpetua” nel quale queste dimensioni non vengono considerate. Per ovviare a questo, per esempio, “con la Scuola di economia civile collaboriamo con la rete dei licei economico-sociali con progetti anche di creazione di curriculum di studi”. Sul tema, ha osservato, “non si fa abbastanza ma si fa tanto, bisogna fare di più”. Pelligra ha poi evidenziato che “i cambiamenti di paradigma sono complicati, prendono decenni, incontrano resistenze”. Ma va superato “un modo di fare impresa che è inconcepibile”. Un esempio: “Il Rapporto Gallup sui luoghi di lavoro diffuso alcuni giorni fa dice che solo 8 lavoratori su 100 si sentono coinvolti nell’attività dell’impresa in cui lavorano, il 41% attivamente boicotta la propria impresa, un terzo è totalmente disinteressato, la metà sta cercando di cambiare lavoro”. “Sono dati allarmanti – ha commentato –, questa è una patologia, il sistema economico ha creato un mondo del lavoro sempre più patogeno”. Invece, non ci si rassegna a pensare che “le imprese sono comunità di persone in cerca di senso e non solo massimizzatrici della nostra utilità”. “Un lavoro ricco di senso – ha aggiunto – non è un bene di lusso, dovrebbe essere considerato un diritto umano”. Per Pelligra, serve poi “misurare l’impatto delle politiche pubbliche anche in termini di benessere equo e e sostenibile, cambiare gli indicatori che sono gli occhiali con cui guardiamo la realtà per dare la giusta importanza alle giuste politiche”. E poi “c’è la leva fiscale” cui ricorrere “per spingere la produzione di beni pubblici e comuni, immuni da una logica distruttiva”. Il docente ha concluso sottolineando l’importanza della “giustizia contributiva”, “l’idea secondo la quale – ha precisato – le politiche pubbliche – ci devono mettere in condizione di contribuire autonomamente al benessere della società”.

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