Settimana sociale: Cartabia, “non chiudere gli occhi e non allentare l’attenzione verso tutto il sistema carcerario”

(Trieste) “Non ho ricette preconfezionate ma credo che ci sia qualcosa di urgente da fare all’interno delle carceri a cominciare da una riduzione del sovraffollamento. È grave, i suicidi non sono solo tre, tre sono quelli di ieri, è un problema che c’è da tempo ma è sintomo di una situazione insostenibile, bisogna preoccuparsene con anche misure urgenti. Non dobbiamo chiudere gli occhi perché non è possibile che il carcere diventi un luogo di morte come sta diventando per tanti giovanissimi”. Lo ha detto Marta Cartabia, ex ministro della Giustizia oggi aprendo la a Trieste la Piazza della Democrazia dedicata al carcere. “Costruire dignità e libertà”, questo il titolo dell’incontro moderato da don Walter Magnoni, già direttore dell’Ufficio pastorale sociale della diocesi di Milano. Presenti anche Benedetta Bartolini, esperta in Giustizia Riparativa e Giuseppe Mattina da anni legato alla realizzazione di progetti di inclusione sociale. E la Giustizia Riparativa è stata al centro del dibattito e, come ha sottolineato ala giurista “uno degli elementi chiave della riforma della giustizia – ha detto – basata anzitutto sulla riduzione dei tempi processuali, poi sul potenziamento delle pene alternative al carcere e poi  nel dare una struttura giuridica alla riforma riparativa. Un istituto che era già esistente ma che doveva essere regolamentato e approfondito e che resta un percorso assolutamente volontario” La giustizia riparativa è una forma di risoluzione del conflitto, complementare al processo, basata sull’ascolto e sul riconoscimento dell’altro con l’aiuto di un terzo imparziale chiamato “mediatore”. “Attraverso questa procedura – ha aggiunto la Bartolini – si attua una giustizia dell’incontro, tra vittima e carnefice che può essere allargata anche alle rispettive famiglie dove chi ha commesso il reato riesce a comprendere il male fatto in tutta la sua complessità e chi lo ha subito si sente capito e accolto nel suo doloro. E tutto questo guarisce cuori e menti e rigenera la fiducia”. E la fiducia è stata il cuore dell’intervento di Giuseppe Mattina. “Chi commette il reato – ha affermato – perde fiducia in sé stesso e verso gli altri. Il nostro compito è rigenerare questa fiducia grazie a percorsi specifici, con l’aiuto di tutti, enti, associazioni, volontari. Come? Favorendo il lavoro sia dentro che fuori le mura del carcere, dando una formazione continua , insegnando ad utilizzare bene il tempo che si ha a disposizione. In altre parole permettere a chi esce dal carcere di avere le stesse opportunità di chi non ci è mai entrato”

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Chiesa