(Trieste) Dinanzi alle sfide che questo tempo pone alle democrazie, riconosciuta l’esigenza di “amare la democrazia”, Michele Nicoletti, nella sua relazione alla Settimana sociale di Trieste, si è chiesto: come amare la democrazia? Quali le strade per una “ricostruzione della democrazia”? Anzitutto, ha affermato il filosofo dell’Università di Trento, occorre “ricostruire il soggetto democratico. Se l’esperienza dell’oggi è quella di un diffuso senso di insicurezza, legata a un sentimento di spossessamento di sé, di essere nelle mani di altri, di un essere espropriati delle proprie radici, del proprio futuro, della propria identità, è facile la tentazione di voler offrire protezione a basso prezzo. La gente si sente insicura, dunque il nostro compito è proteggerla. Nessuno nega la necessità di proteggere i più deboli dal prevalere della violenza e dello sfruttamento, ma la ricostruzione del soggetto democratico si basa su un movimento opposto, ossia il rafforzamento del proprio potere di governo di sé, la capacità di pensare con la propria testa, il senso di indipendenza e la forza del carattere… Qui, inutile dirlo, c’è un immenso lavoro educativo da svolgere”.
“Dentro questa gelosa custodia della dimensione di mistero di ogni persona, si colloca una più vigorosa difesa dei diritti delle persone. Questo rapporto tra diritto e persona è stato espresso da Rosmini in modo lapidario. La persona non ha diritti ma è il diritto umano sussistente. La nostra passione per i diritti non è una passione per i principi astratti ma per le persone in carne ed ossa. Per questo i diritti fondamentali sono unici e indivisibili. I diritti civili e i diritti sociali sono parte di un’unica realtà. Per citare Bobbio: i diritti sociali sono la precondizione per il godimento di qualsiasi altro diritto”. “Qui c’è un campo immenso per la partecipazione. C’è bisogno di recuperare una capillarità di antenne su ogni territorio. C’è bisogno di ascoltare i bisogni e le sofferenze. C’è bisogno di essere avvocati difensori di coloro i cui diritti sono violati, la cui umanità è offesa. C’è bisogno di provvedimenti legislativi e di pratiche amministrative. C’è bisogno di strumenti istituzionali”.
Michele Nicoletti ha quindi osservato: “Bisogna animare la democrazia locale. Lo vedeva con chiarezza Tocqueville: se la democrazia muore nel piccolo, soffoca anche nella grande dimensione. La tradizione dei cattolici italiani è stata una grandissima tradizione di attenzione e impegno nelle comunità locali. Non sempre gli interventi recenti del legislatore hanno saputo valorizzare la ricchezza di questa dimensione, ma rimangono ancora straordinari spazi di partecipazione e impegno”.
Ancora: “Bisogna ridare vita alla dimensione deliberativa della democrazia. La democrazia non è solo elezione di capi. È anzitutto discussione e formazione discorsiva della volontà collettiva. La democrazia come spazio di discussione reale e di decisione si sta atrofizzando schiacciata da un lato dal prevalere della tecnocrazia dall’altro dall’invadenza della vuota chiacchiera. Servirebbero in ogni realtà locale dei centri studi politici che potessero mettere a disposizione della discussione pubblica le competenze di esperti”.
Bisogna inoltre “battersi per una riforma dei partiti. Sono uno snodo cruciale nelle democrazie complesse. Abbiamo rimosso l’articolo 49 della Costituzione dove i partiti sono chiamati in causa come strumento per realizzare il diritto fondamentale dei cittadini alla partecipazione democratica”. E, di conseguenza, “i rappresentanti devono recuperare una consapevolezza più profonda della loro natura duale: da un lato rappresentanti di una parte che li ha votati, dall’altro rappresentanti del tutto”.
La democrazia deve poi accogliere la sfida di una democrazia “riparativa” che “proviene dal mondo ambientalista. Si tratta di dare voce a chi non ha nessuno che si faccia interprete delle sue istanze: di persone invisibili o sommerse o anche di realtà naturali che hanno bisogno del nostro ascolto e della nostra cura per poter sopravvivere. Non c’è politica ambientalista che si possa attuare senza partecipazione”.
La sfida della democrazia si gioca, ha aggiunto Nicoletti, “in gran parte sul piano europeo e internazionale. Dobbiamo chiederci quanto spazio diamo nella nostra formazione sociale e politica alla comprensione dei fenomeni internazionali, delle dinamiche economiche, militari, politiche che governano la pace e la guerra tra gli Stati e che sono così influenti sulla nostra vita personale e collettiva. Le Chiese non possono sottrarsi a questa responsabilità. Sono tra le poche organizzazioni che hanno una storia secolare di lavoro internazionale. L’appello del card. Zuppi a una Camaldoli europea deve essere immediatamente raccolto. C’è bisogno di nuove generazioni di credenti europei innamorati della democrazia che imparino a lavorare assieme fin da giovani studenti”.
Infine “le nostre energie devono essere indirizzate alla ricostruzione di un ethos democratico. Dobbiamo ricostruire pratiche politiche fondate sul rispetto del senso delle parole, sulla ricerca razionale delle soluzioni più adeguate ai bisogni di tutti, su uno stile di radicale nonviolenza, sulla consapevolezza dei limiti strutturali della politica, sulla coscienza della parzialità delle proprie proposte, sullo sforzo di comprensione delle ragioni altrui, su uno studio approfondito dei problemi a partire dalla incidenza dei fattori economici e dei rapporti di forza nella vita collettiva. E questo ethos della democrazia deve nutrirsi di determinazione non solo nella difesa delle proprie idee e dei propri valori, ma anche nella difesa appassionata della possibilità per tutti di battersi pacificamente per le proprie idee. Il bene comune è anche questa cornice di principi e di ordinamenti che consentono la libertà di tutti”.