L’intensificarsi degli attacchi aerei israeliani nelle aree di Gaza in cui le organizzazioni umanitarie forniscono servizi, comprese le “zone umanitarie” designate da Israele, nonché la chiusura e il mal funzionamento delle frontiere hanno drasticamente ostacolato la capacità di consegnare forniture salvavita: è la denuncia di 20 agenzie umanitarie in un rapporto sull’accesso umanitario pubblicato oggi.
A quasi 300 giorni dall’inizio della guerra a Gaza, i civili sono costantemente sottoposti a ordini di trasferimento da aree precedentemente ritenute sicure, con un tempo insufficiente per l’evacuazione. Il recente intensificarsi dei bombardamenti aerei nella zona centrale di Gaza, dove ai civili che prima si rifugiavano a Rafah è stato detto di spostarsi, è stato particolarmente letale.
Molte organizzazioni hanno rifornimenti pronti e in attesa di entrare, ma la zona di scarico al valico di frontiera di Kerem Shalom/Karam Abu Salem, sul lato di Gaza, è bloccata da settimane a causa dell’elevata insicurezza, delle operazioni militari israeliane e del rischio di saccheggi, dato l’aumento dei bisogni delle famiglie.
Save the Children è riuscita a far entrare a Gaza quattro camion (80 pallet) di forniture mediche su un convoglio, dopo aver aspettato al valico di Kerem Shalom al caldo per oltre un mese, a seguito delle ostilità sul lato di Gaza del confine. I pallet comprendevano farmaci standard come antibiotici e farmaci per le malattie cardiache. Tuttavia, lo staff di Save the Children non è riuscito a far arrivare tempestivamente a Gaza le forniture mediche essenziali, mentre le forniture delle agenzie delle Nazioni Unite, su cui contano le strutture sanitarie, sono in via di esaurimento.
Altri 17 pallet di medicinali di Save the Children sono bloccati ad Al-Areesh, in Egitto. Si tratta di farmaci a temperatura controllata, tra cui quattro scatole che richiedono una refrigerazione continua. Il Coordinamento delle attività governative nei Territori (Cogat) di Israele autorizza, infatti, solo i camion a pianale, non i camion chiusi necessari per il trasporto di tali forniture, e conseguentemente le spedizioni di Save the Children continuano ad essere respinte. Altre agenzie umanitarie hanno confermato di dover affrontare sfide simili.
“Stiamo facendo tutto il possibile per salvare le vite dei bambini a Gaza, ma il nostro lavoro diventa ogni giorno più impegnativo. Lo sfollamento forzato di civili in aree che non possono accoglierli sta causando una catastrofe umanitaria a un livello mai visto. Non c’è più spazio e le scorte salvavita sono a malapena sufficienti per mantenere in vita i bambini. Senza l’accesso all’assistenza critica, si continuerà a perdere vite umane”, ha dichiarato Jeremy Stoner, direttore regionale di Save the Children per il Medioriente. “Gli operatori umanitari non sono risparmiati dalla violenza. A dicembre, un membro del nostro staff è stato ucciso insieme alla moglie e ai quattro figli da un attacco aereo israeliano e da allora gli operatori umanitari hanno continuato a essere presi di mira. Il personale umanitario non dovrebbe mai essere un obiettivo e le operazioni umanitarie, compresi i convogli e i magazzini, devono essere protette. Lo abbiamo ripetuto più volte: un cessate il fuoco immediato e definitivo è l’unico modo per salvare vite umane a Gaza”.