Ecumenismo: Morandini (teologo), “dire Creazione” significa fare riferimento “a un essere dell’ordine dell’amore, secondo una logica di dono e di gratuità”

(Foto Laura Caffagnini per il Sae)

“Una terra da abitare e custodire”. Partendo da questo tema, nel primo panel della 60ª sessione di formazione estiva del Sae, in corso al Monastero di Camaldoli, il teologo Simone Morandini, del Comitato esecutivo del Sae, ha proposto un vasto e articolato excursus su un nuovo modo di confessare il Creatore nelle diverse confessioni cristiane a partire dagli anni ’70 del Novecento. In quel periodo è avvenuta una svolta esegetica, teologica e culturale che il teologo ha mostrato rifacendosi a testi precedenti situati negli anni ’60, sia cattolici sia protestanti. In essi è evidente una concezione di dominio dell’essere umano sul creato e una distanza dagli altri esseri viventi. La natura è vista come una cosa, finalizzata all’essere umano e disponibile ai suoi interventi. Il cambiamento, ha detto Morandini, inizia a profilarsi “sulla spinta di una varietà di istanze – dal dialogo interreligioso al confronto con i saperi scientifici – ma soprattutto per l’interrogazione posta dalla sfida ecologica che spinge a ripensare l’etica sociale anche interrogando la lettura della Scrittura”, “in un percorso che coinvolgerà uomini e donne di confessioni diverse, di culture diverse, di provenienze geografiche e culturali diverse, tra le quali l’eco-teologia della liberazione a partire da Leonardo Boff e il contributo eco-femminista”.
Le nuove letture portano a nuove consapevolezze, ad esempio il fatto che “dire Creazione è ben più che dire natura, perché a questo termine si aggiunge il riferimento chiave a un essere dell’ordine dell’amore, secondo una logica di dono e di gratuità”.
Il teologo vede emergere soprattutto “la confessione del Creatore quale componente imprescindibile dell’architettura della nostra fede: come potremmo parlare di risurrezione se essa non fosse operata da Colui che è all’origine della vita stessa? Come potremmo davvero sperare per il cosmo e per la terra se in essi non operasse fin dall’inizio Colui in cui si radica ogni speranza? Per questo oggi, pur consci della delicatezza ermeneutica dell’affermazione, confessiamo con forza rinnovata – nel Tempo del Creato del 1° settembre, ma non solo – ‘Credo in Dio creatore del cielo e della terra'”.
Re-imparare a confessare il Creatore, ha affermato Morandini, non è solo un ritorno all’inizio, in quanto l’orizzonte è cambiato e la Scrittura cresce con il lettore. “Dobbiamo assumere la coscienza della nostra parzialità di lettori situati, ma anche capaci di assumere – da contesti sempre nuovi – spunti per comprendere sempre meglio le prospettive del testo”. Nelle conclusioni il teologo ha lasciato ai partecipanti delle domande: “Come vivere della natura in forma sostenibile, con quella lungimiranza provvidente che Dio usa nei confronti nostri e della terra? Come orientare le nostre esistenze personali e la vita assieme in tal senso? Come essere davvero custodi e non satana della terra? Come la nostra lettura delle Scritture ci impegna, ci illumina, ci sostiene in tale compito? Le nostre risposte non potranno essere ingenue, nel senso del mero ritorno all’antico: non si tratta di guardare ad un’origine ormai perduta, ma di imparare a declinare nello spazio della fede biblica un’attiva speranza, per la storia e per la creazione, per il mondo della vita tutta”.

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