“La fame e l’insicurezza alimentare nel mondo rimangono a livelli altissimi e l’obiettivo “fame zero”, previsto dall’Agenda 2030 dell’Onu è già oggi probabilmente irraggiungibile. Il rischio di questo fallimento è dovuto a un insieme di motivi che continuano ad essere usati dai nostri governi come scusa per rinviare azioni adeguate ed efficaci, in grado di affrontare davvero il problema. Il tutto a fronte di un contesto profondamente ingiusto e paradossale: nel mondo coltiviamo abbastanza cibo per sfamare tutti e le soluzioni per sradicare fame e malnutrizione esistono eccome”. È il commento di Francesco Petrelli, portavoce e policy advisor per la sicurezza alimentare di Oxfam Italia, al nuovo report delle Nazioni Unite “The state of food security and nutrition in the world” (Sofi) pubblicato oggi da cinque agenzie Onu, secondo cui 1 persona su 11 nel mondo, e 1 su 5 in Africa, potrebbe aver sofferto la fame nel 2023. “I Paesi più poveri, indebitati e sfruttati sono anche i più vulnerabili ai cambiamenti climatici e a shock economici e di conseguenza sono quelli più esposti alla fame – continua Petrelli –. Basti pensare all’Africa orientale dove quasi 28 milioni di persone soffrono di malnutrizione acuta a causa dell’alternarsi di siccità e inondazioni sempre più estreme e frequenti, dei conflitti in corso nell’area e della crisi economica post-Covid. Per affrontare l’emergenza umanitaria in Etiopia, Kenya, Somalia e Sud-Sudan è necessario lo stanziamento di 7,49 miliardi di dollari, ma al momento i donatori internazionali hanno stanziato meno del 20% delle risorse. Come se non bastasse, questi Paesi sono schiacciati dal peso di un debito complessivo che ammonta a 65 miliardi di dollari”. Alla base, prosegue Petrelli, “c’è quindi una cronica mancanza dei finanziamenti necessari ad affrontare l’emergenza alimentare globale e porre fine alla fame. A livello globale mancano all’appello migliaia di miliardi di dollari”. In questo contesto i finanziamenti privati rappresentano “una soluzione molto parziale, perché rischiano di aumentare il livello di disuguaglianze, escludendo le comunità locali da decisioni che condizionano il loro futuro”. Sono invece necessari “maggiori finanziamenti pubblici, a sostegno dei piccoli agricoltori nei Paesi più poveri, di programmi di protezione sociale più efficaci e in grado di ridurre il peso del debito estero per i Paesi più vulnerabili”. Allo stesso tempo è “cruciale che i Paesi ricchi rispettino le loro promesse di stanziamento degli aiuti necessari ad affrontare le crisi umanitarie e ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici”.
“Per quanto riguarda l’Italia non possiamo inoltre che rilevare quanto siamo lontani dagli obiettivi – afferma Petrelli –. L’aiuto pubblico è in calo, dallo 0,33% allo 0,27% del 2023. Mentre si parla di Piano Mattei come occasione di svolta nel rapporto Italia-Africa, i trasferimenti dell’aiuto bilaterale italiano verso quel continente, diminuiscono invece del 32% (da 515 milioni di dollari a 351 nel 2023)”.