“Il problema dell’applicazione della legge sulla blasfemia in Pakistan è stratificato e complesso, affrontarlo richiede un atteggiamento articolato e graduale. C’è una pressione internazionale forte sui temi politici ed economici, tuttavia, non c‘è sempre la medesima attenzione quando si tratta della violazione dei diritti umani, in particolare dei diritti di minoranze”. Lo ha detto Massimiliano Tubani, direttore dell’organizzazione Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) Italia, durante la conferenza stampa oggi pomeriggio alla Camera dei deputati per la presentazione del libro sulla storia di una donna pakistana, Shagufta Kausar, perseguitata nel suo Paese perché cristiana. “Dobbiamo richiedere – ha esortato – la pressione da parte dei decisori politici. Non tutti i partner del Pakistan, probabilmente, saranno particolarmente concentrati sulla difesa delle minoranze o prenderanno una posizione analoga a quella del Parlamento europeo che nel 2021 ha approvato una dura risoluzione (la RC-B9-0254/2021 ndr), proprio in considerazione della storia della signora Kausar, e si potrebbe quindi immaginare una impasse”. In questo scenario, ci sono perciò luci e ombre, ma “le luci – ha commentato Tubani – sono troppo tenui. Penso, per esempio, al 9 luglio scorso, quando l’Assemblea nazionale del Pakistan ha alzato a 18 anni la soglia minima per il matrimonio dei ragazzi cristiani. Si tratta di un passo in avanti ma l’applicazione è troppo limitata perché se c’è il rapimento di una ragazza per costringerla a un matrimonio islamico non c’è la possibilità di applicare l’emendamento. A fronte di queste ombre, come Acs abbiamo realizzato 142 progetti in Pakistan per 9, 2 milioni di euro. Non dobbiamo aspettare una soluzione dall’alto perché potrebbe non arrivare o arrivare in ritardo. Penso ai corpi intermedi presenti in Pakistan e chiedo di rafforzare le minoranze religiose, a cominciare da quella cristiana, e puntare all’educazione. Dobbiamo fortificare le minoranze e operare direttamente sulle persone. Credo che il problema – così complesso – necessariamente debba essere affrontato a livello di advocacy e in relazione ai soggetti direttamente interessati che, nella misura in cui si affrancano, faranno sentire la propria voce”.