Cristiani perseguitati: Kausar, “in Pakistan sono come pecore in mezzo ai lupi. Non c’è nessuno per salvarli”

“Ho passato otto anni in solitudine in carcere. Tutte le ore avevo paura, piangevo e pregavo il mio Signore e a lui chiedevo: perché devo accettare l’Islam? Tu mi aiuti”. Così Shagufta Kausar, donna pakistana e perseguitata nel suo Paese perché cristiana, durante la conferenza stampa alla Camera dei deputati oggi pomeriggio per la presentazione del libro che racconta la sua storia che ha scritto insieme a Eugene Bach, dal titolo “Under Threat of Death: A Mother’s Faith in the Face of Injustice, Imprisonment, and Persecution”. “Le donne – ha proseguito – venivano in carcere e mi dicevano di accettare l’Islam, ma rispondevo nel mio cuore: Gesù è morto per noi sulla croce perché dovrei rinnegarlo? Ero sola in prigione. I musulmani credono che se uccidono un infedele cristiano avranno un posto in paradiso. Per loro io ero un infedele”. “I miei bambini – ha ricordato – non sono mai venuti a trovarmi per tre anni perché non avevano i soldi ma avevano anche molta paura di venire”. La fede non l’ha mai abbandonata: “Il Signore – ha affermato – mi ha sempre aiutato, ha fatto tanti miracoli nella mia vita: in carcere, nel buio e con la paura della morte, mi ha liberato. Sono qui in mezzo a voi oggi, ma ero in carcere come cristiana. Ci sono tanti pakistani in carcere, hanno bisogno del vostro aiuto. I cristiani sono come pecore in mezzo ai lupi. Non c’è nessuno per salvarli. Ringrazio il governo italiano – ha concluso – e chiedo di aiutare i cristiani in Pakistan per questa legge usata contro di loro”.

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