Papa Francesco: all’Angelus, “un’ingiustizia sociale non avere il tempo da condividere con i figli”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Quando ad esempio l’entusiasmo nel portare avanti la missione, o il lavoro, così come il ruolo e i compiti che ci sono affidati ci rendono vittime dell’attivismo, è una cosa brutta: troppo preoccupati delle cose da fare, troppo preoccupati dei risultati. E allora succede che ci agitiamo e perdiamo di vista l’essenziale, rischiando di esaurire le nostre energie e di cadere nella stanchezza del corpo e dello spirito”. Lo ha detto Papa Francesco, ieri, affacciandosi alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i circa 12 mila fedeli e pellegrini riuniti in Piazza San Pietro. “È un monito importante per la nostra vita, per la nostra società spesso prigioniera della fretta, ma anche per la Chiesa e per il servizio pastorale – ha aggiunto -: fratelli e sorelle, stiamo attenti alla dittatura del fare!”.
Il Papa ha ricordato che “questo può succedere per necessità anche nelle famiglie, quando per esempio il papà per guadagnare il pane è costretto ad assentarsi per lavoro, dovendo così sacrificare il tempo da dedicare alla famiglia”. “Spesso escono al mattino presto, quando i bambini stanno ancora dormendo, e tornano tardi la sera, quando sono già a letto. E questa è un’ingiustizia sociale. Nelle famiglie, papà e mamma dovrebbero avere il tempo per condividere con i figli, per far crescere questo amore famigliare e non cadere nella dittatura del fare. Pensiamo a cosa possiamo fare per aiutare le persone che sono costrette a vivere così”.
Nelle parole del Papa un altro messaggio: “Il riposo proposto da Gesù non è una fuga dal mondo, un ritirarsi nel benessere personale; al contrario, di fronte alla gente smarrita Egli prova compassione. E allora dal Vangelo impariamo che queste due realtà – riposo e compassione – sono legate: solo se impariamo a riposare possiamo avere compassione”. “Infatti, è possibile avere uno sguardo compassionevole, che sa cogliere i bisogni dell’altro, soltanto se il nostro cuore non è consumato dall’ansia del fare, se sappiamo fermarci e, nel silenzio dell’adorazione, ricevere la Grazia di Dio”.

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