“A chi vogliamo lasciare la nostra città, i nostri quartieri, le nostre case, le nostre strade? A questa nuova peste che, sotto i nostri occhi, camuffata di normalità e di ineluttabilità, sta contagiando i nostri giovani, cioè i nostri figli e nipoti, a Ballarò come al Cep, a Bagheria come a Termini imerese?!”. Lo ha detto l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, nel suo messaggio alla città in occasione del festino della patrona, santa Rosalia. “Questa tremenda peste entra nelle nostre case, nelle nostre scuole, nei luoghi di ritrovo dei giovani, nei luoghi di divertimento e dello sport. Ci invade sotto i nostri occhi. Si diffonde come cosa ordinaria il consumo di crack e di altre droghe come il fentanyl, aggiunto all’eroina. Neonati ricoverati per overdose. Giovani piegati o stramazzati a terra”.
Il presule rileva anche come a Palermo si abbassa anche l’età dei consumatori di droga. “La prima dose si consuma anche a dieci anni. Penso a Ballarò e alle sue stradine, dove vediamo ragazzini e giovani distesi sui marciapiedi con lo sguardo perso, con gli occhi dello sballo da crack. Ragazze costrette a vendere i loro corpi per racimolare il prezzo di una dose. Non sono figli di altri, sono i nostri figli e ne siamo responsabili. Giovani, bambini, adescati per farli diventare dipendenti. Schiavi. Manipolabili. Consumatori”.
Infine, la denuncia dell’arcivescovo: “L’organizzazione mafiosa sta tentando di ritrovare nuove risorse attraverso il rinnovato impegno nel campo del traffico di stupefacenti”. E l’esortazione: “Gridiamo forte stasera nel Festino di Rosalia il nostro desiderio di riscatto dalla mafia. A viso aperto. A cielo aperto. No alla mafia. Sì ai nostri figli. Convertitevi anche voi mafiosi. Rosalia non sarà mai con voi. Vi rinnega. Sarà sempre dalla parte delle vittime”.