“Il Signore non si è scelto manager o super uomini, ma persone semplici e sempre generose. Carissimi Giulio e Michele, vorremmo sempre sentire il popolo di Dio parlare di voi in questi termini: riconoscendovi non qualità superlative, ma lo zelo ed il fervore di chi anche nel poco mostra un entusiasmo contagioso, sollecitudine, slancio”. È l’augurio che il vescovo di Prato, mons. Giovanni Nerbini, ha rivolto ai due novelli sacerdoti ordinati questa mattina nella cattedrale di Prato. I nuovi preti sono Michele Di Stefano, 39 anni, e Giulio Vannucci, 38 anni, due vocazioni nate nella Chiesa pratese e che all’interno della diocesi sono cresciute e formate, fino ad arrivare al sacramento dell’Ordine. Alla messa, concelebrata da circa settanta presbiteri, hanno partecipato in tantissimi, provenienti dalle realtà e dalle esperienze di fede frequentante dai due neo sacerdoti.
Nell’omelia mons. Nerbini ha ricordato che Cristo Gesù ha reso i sacerdoti “servitori di tutti esigendo da noi stessi il massimo. Che dovrebbero dire gli altri se trovassero in noi un atteggiamento di sufficienza, di trascuratezza?”. Poi l’invito ai due ordinati di curare la vita spirituale, da non mettere mai in secondo piano rispetto al servizio alla Chiesa e alla comunità che sarà loro affidata: “Potremmo avere una capacità di lavoro illimitata ed una disponibilità assoluta, ma senza di Lui saremmo spenti ed ininfluenti”, ha affermato il presule.
Michele Di Stefano è siciliano di Gela, da giovane è stato cuoco e cameriere. A 19 anni sceglie di fare il carabiniere di leva e viene mandato a Bardonecchia, in alta Val di Susa. Qui incontra e conosce don Mario Bonacchi, che ha una casa dove accoglie tantissimi ragazzi per le ferie estive. Il canonico Bonacchi, come veniva chiamato, è stato all’origine di molte vocazioni nella Chiesa pratese. Michele può essere considerato uno dei suoi ultimi figli spirituali. Arrivato a Prato nel 2009, due anni dopo la morte del sacerdote pratese, Michele viene accolto dall’allora vescovo Gastone Simoni per frequentare il Seminario e studiare teologia a Firenze. Attualmente presta servizio alla parrocchia di San Pietro a Mezzana, dove domani alle 11,30 celebra la sua prima messa.
Giulio Vannucci è nato a Pistoia, dove ha vissuto fino a otto anni fa, quando ha deciso di entrare a far parte della comunità dei Ricostruttori nella Preghiera di Prato, con sede a Villa del Palco. Prima di maturare la vocazione ha preso due lauree, in Lettere e in Scienze della formazione, e ha lavorato come insegnante ed educatore. Ha anche suonato la chitarra a la tastiera in un gruppo folk punk molto attivo in zona, chiamato i Quanti. “Un periodo nel quale mi sono divertito tantissimo e che non rinnego”, dice don Giulio.
Poi l’incontro con i Ricostruttori e con la figura di padre Guidalberto Bormolini. Inizia per lui la vita comunitaria e la conseguente scelta del sacerdozio. Don Giulio ha una folta capigliatura riccia e una lunga barba, tratto distintivo dei membri maschili dei Ricostruttori, comunità conosciuta e apprezzata a Prato per aver realizzato il progetto del borgo “Tutto è Vita”, un paese abbandonato nel Comune di Cantagallo, rinato dopo essere caduto nell’abbandono. “Negli ultimi tempi ho fatto il muratore e ho accolto le tante persone venute al borgo, una esperienza bellissima. Per me diventare sacerdote – afferma don Giulio – significa mettersi ancora di più a servizio, significa prendersi cura di tutto e di tutti”.