Elezioni europee: Graglia (Un. Milano), per una Ue più forte ed efficace dare all’Unione le competenze necessarie

Piero Graglia (Foto SIR/P.G.)

Un “animale politico” a “sangue freddo” tra nazionalismo e federalismo: così Piero Graglia, professore ordinario di Storia delle relazioni internazionali all’Università degli studi di Milano, definisce l’Unione europea in un contributo pubblicato sul sito “Bene comune”, che riporta un dossier sulle elezioni europee e l’integrazione comunitaria. “Il titolo potrebbe ben rappresentare la natura dell’Unione europea oggi. Una entità – afferma Graglia – che spesso è vittima di generalizzazione, sulla quale si scrive molto ma della quale si sa molto poco, e spesso le persone che scrivono su di essa coincidono con quelle che la conoscono meno”.
Il professore parla di un “soggetto istituzionale che non appassiona”. “Una volta un collega, importante storico delle relazioni internazionali, mi confidò: ‘non mi piace fare il corso di storia dell’integrazione europea: è una storia troppo barbosa; scorre poco sangue’. Si sa, gli storici – diceva Marc Bloch – sono come l’orco delle favole, sono attratti dal sangue umano; ma forse è esagerato definire la storia della costruzione europea come barbosa. Certo non è l’histoire bataille cara a generazioni di storici classici, ma riserva anche delle sorprese. Soprattutto oggi che l’Ue sta uscendo, faticosamente, con molti ripensamenti e tentennamenti, dalla sua fase lunga di una costruzione puramente economico-commerciale e, grazie purtroppo alla pandemia di Covid-19 e alle tensioni e conflitti internazionali, viene chiamata con più forza a giocare un ruolo politico, mai in maniera così veemente”.
“La pandemia e il lock down hanno compiuto il miracolo di modificare posizioni politiche e mutare l’avviso dei dirigenti dei Paesi dell’Unione. Quando si è trattato di discutere un colossale piano di aiuti europeo post-pandemico, per complessivi 750 miliardi di euro, che si sommavano alla prospettiva di bilancio 2021-2027 che ammontava già a 1.074 miliardi, la Commissione europea e il Parlamento europeo si sono imposti sul Consiglio dei riottosi ministri nazionali, e abbiamo avuto il NextGenerationEu, in gran parte finanziato da emissioni di debito pubblico europeo”.
Graglia affronta poi vari temi, fra cui la politica estera e la difesa comune, per poi affermare: “Gli Stati pretendono di continuare a fare finta di essere sovrani anche se, di fatto, hanno semplicemente perso sia gli strumenti, sia la dimensione, per essere globali. E questo vale per ognuno degli Stati membri dell’Ue, dalla Germania a Malta. Quanto si sorprenderebbe il cittadino medio se sapesse che il processo decisionale dell’Unione è nelle ferme mani dei 27 governi nazionali che mantengono i loro rappresentanti – i ministri nazionali – nel Consiglio. […] L’Unione è ostaggio, oggi, di 27 governi nazionali indecisi a tutto, che godono del miglioramento oggettivo delle condizioni di vita che nel corso di questi ottanta anni si è avuto nel territorio dell’Unione, ma non accettano di bere fino in fondo l’amaro calice della presa d’atto che non possono fare tutto da soli. Se si chiede ‘più Europa’, cioè che l’Unione sia più efficace in ambiti in cui gli Stati membri faticano a gestire l’esistente, si devono dare all’Unione le competenze per intervenire, lasciando agli Stati membri la gestione di quegli aspetti di governo che possono gestire meglio a livello locale e nazionale”.

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