Liste d’attesa: Leoni (Fnomceo), “per soluzione valorizzare professionisti della salute”. “Regia centrale utile per ridurre disuguaglianze tra regioni”

“Finalmente si capisce che senza puntare sulla valorizzazione dei professionisti della salute il problema delle liste d’attesa non si risolve”. Lo afferma in un’intervista al Sir Giovanni Leoni, chirurgo generale presso l’Ospedale Civile di Venezia e vicepresidente nazionale Fnomceo (Federazione nazionale ordini medici chirurghi e odontoiatri), commentando le misure anti-liste d’attesa varate il 4 giugno dal Consiglio dei ministri: un decreto-legge immediatamente in vigore, e un disegno di legge affidato al Parlamento. Per Leoni bisogna “avere il coraggio di un maggiore impegno finanziario”. Va in questa direzione il superamento del tetto di spesa per il personale promesso da Schillaci per il 1° gennaio 2025, insieme all’aumento del 15% contenuto nel decreto. “Mi sembra un fatto epocale – osserva il vicepresidente Fnomceo – perché finalmente si infrange un muro eretto nel 2004 e mantenuto fino ad oggi da tutti i governi, indipendentemente dal loro colore politico”.
Sull’istituzione di un ispettorato di controllo e verifica presso il ministero della Salute, Leoni afferma: “In questo momento storico una regia centrale più forte può certamente essere utile per diminuire le disuguaglianze di salute tra le regioni d’Italia. Ci sono troppe differenze tra regione e regione; conosco bene la mia ma in questo periodo ho toccato con mano anche la sanità di altre. Il diritto alla tutela della salute deve invece essere garantito a tutti i cittadini – compresi quelli del sud e delle isole – nello stesso modo e negli stessi termini”.  Preoccupazione infine per l’autonomia differenziata che “rischierebbe di penalizzare ulteriormente regioni che già lo sono, e di far venire meno il senso di solidarietà naturale tra chi ha avuto di più e chi ha avuto di meno. Non dimentichiamo – conclude il vicepresidente Fnomceo – che la sanità di eccellenza nel nord si regge anche su molti medici e infermieri ‘emigrati’ dal sud perché al nord hanno trovato una migliore organizzazione per esprimere le proprie potenzialità”.

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